REGIONE: NUOVA URBANSTICA SOTTO LA LENTE
P
Postiamo il testo delle note prodotte al tavolo Regionale da Italia Nostra. Un contributo attento e critico che l'Associazione ha formulato nei confronti d una riforma annunciata, ma di cui ancora non si conosce molto se non alcune linee. Una riforma che certamente riscriverà in maniera abbastanza radicale l'attuale normativa già profondamente modificata rispetto al suo testo originario. Un percorso riformatore che l'Associazione dovrà attentamente presidiare al fine di denunciare con tempestività i rischi che le nuove norme, sempre più liberalizzatrici, potrebbero causare ad un territorio che cambia e a un paesaggio insidiato.
Consiglio Regionale del Piemonte
Via Massena, n. 71 – 10128 Torino
Tel. 011/500056; email piemonte-valledaosta@italianostra.org
prot. 50/25
Oggetto: Osservazioni dell' Associazione Italia Nostra Consiglio Regionale Piemonte
alla REVISIONE LEGGE URBANISTICA REGIONALE 56/77
Interveniamo qui con queste nostre note, tra le tre associazioni (Legambiente, Pro Natura, Italia Nostra) ultime ammesse al Tavolo di confronto per la revisione della L.U.R. previsto dal D.G.R. 30 giugno 2025, n.6 -1294, che ha ampliato così la composizione dell'iniziale gruppo di lavoro.
Facciamo riferimento a quanto audito nella seduta del 10 settembre 2025 da parte dei soggetti invitati, dei cui contributi scritti abbiamo avuto copia. E in premessa, dall'intervento dell'Assessore
Marco Gallo, del direttore Angelo Robotto; e soprattutto dalla ricca illustrazione dell' arch.tto
Giovanni Paludi direttore vicario per il settore A 1600A- Ambiente, Energia e Territorio.
n.b. Ma in tale seduta non ci sono stati riferimenti al Piano Paesaggistico Regionale, dalla
sottoscritta richiamato in quanto strumento sovraordinato.
Obiettivi della revisione della L.U.R.: 1) Sostenibilità - 2) Nuova disciplina delle procedure e dei
contenuti degli strumenti urbanistici – 3) Dotazioni territoriali, Perequazione Territoriale e
urbanistica - 4) Adeguamento alle disposizioni normative di settore.
Risulta esplicito come tali obiettivi conducano a modifiche che riguardano l’articolato normativo
su cui si incardina la L.R. 56/77 Legge Astengo. Quindi nei fatti trattasi di una nuova LUR.
Infatti ciò che connota la Revisione della Legge Urbanistica Regionale, è assumere e coordinare
le modifiche che ne hanno inficiato il contenuto e l’applicabilità - vedasi in primis l’art.7 bis - e
mettere a sistema le proliferate nuove leggi regionali, che hanno determinato una sorta di
“liberatoria” dai vincoli della pianificazione in capo ai comuni. In base a ciò riprendiamo le
osservazioni già in parte espresse nel merito.
Agganciandosi a Decreti legislativi (es.decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33) o dd.ll. o leggi
nazionali in itinere (vedi Piano Casa), considerando le criticità sistemiche del post Covid, la Giunta
della Regione Piemonte - e successivamente il Consiglio - ha legiferato nell’intendimento di
“liberare” potenzialità di “valorizzazione” dei propri territori. Da cui le Leggi Regionali n. 16/2018,
n. 13/2020, n. 7/2022.
E, a ridosso di questo processo di consultazione, l’ultimo aggiornamento, partito come dd.ll. n.88
“Modifiche sulla legge regionale 56/77 e alla legge regionale 4 ottobre 2018 n.16 “Misure per il
riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana”, diventato L.R. 21 maggio 2025
n.7, superando un precedente veto di incostituzionalità, ha reso possibile consentire
ristrutturazioni edilizie con aumento di volume e ampliamenti planimetrici, tramite demolizione e
ricostruzione, riconoscendo ruolo ai Comuni nel decidere e pianificare gli interventi, approvati
tramite delibera del consiglio comunale. Ciò a patto che non trattasi di “trasformazioni
urbanistiche”, omissione necessaria per tacitare la Corte Costituzionale.
Si consolida così una sicura ipoteca allo skyline della città e alla salvaguardia del genius loci : quindi
ai valori di ambiente e paesaggio, che Italia Nostra difende come prioritari. E relativamente alla
democrazia del procedimento vorremmo si garantisse l’iter delle varianti e dei piani di recupero,
nonché le procedure di VAS sottoposte alle osservazioni dei cittadini e dei portatori di interessi
diffusi, quindi le Associazioni. Come alternativa valida per accorciare i tempi dell’iter burocratico,
certo penalizzante, si potenzino adeguatamente gli uffici tecnici dei Comuni, con la facilitazione
dell’informatizzazione nel rapporto con gli Enti sovraordinati.
Entriamo nella logica del “Cresci Piemonte”, con il mantra della flessibilità e delega ai comuni per
varianti/non varianti dei loro PRG, in nome della rigenerazione urbana e con l’alibi di limitare il
consumo di suolo, sempre comunque in crescita, se pur con un trend decelerato dal quanto già
costruito . Ma cosa si intende per rigenerazione urbana? come è declinata sui territori?
Con il termine «rigenerazione urbana» si individuano molteplici approcci culturali e progettuali,
oltre che riferimenti normativi e procedurali, finalizzati a portare un miglioramento economico,
sociale e ambientale nelle aree urbanizzate, con l’obiettivo precipuo di migliorarne sensibilmente la
vivibilità e la salubrità, l’inclusione sociale, la qualità edilizia, la distribuzione ed il livello dei servizi
di uso pubblico, la sostenibilità e l’efficienza nell’uso delle risorse. Così la definizione di Evans e
Shaw (2004): Rigenerazione è “la trasformazione di un luogo che mostra sintomi di declino
ambientale (fisico), sociale ed economico o, meglio, come l'infusione di nuova vitalità a comunità,
industrie e luoghi in declino, portando miglioramenti sostenibili e a lungo termine in termini
economici, sociali e ambientali”. Altri riferimenti : la “Carta di Aalborg” (1994), la “Carta di Lipsia”
(2007) e, la “Dichiarazione di Toledo” (2010) che ha centrato l’attenzione sulla “rigenerazione
urbana integrata e il suo potenziale strategico per uno sviluppo urbano più intelligente, sostenibile
e inclusivo nelle città europee”. Fin qui le definizioni teorico-concettuali e di principio.
Ma cosa avviene ? - e continua a manifestarsi prepotentemente - nella realtà fattuale delle nostre
città e dei centri storici cosiddetti minori, tessuto connettivo del nostro territorio? E, soprattutto,
quali gli esiti di una pratica della “rigenerazione” che contempla demolizioni e ricostruzioni fuori
dalla sagoma originale del costruito e premi in incrementi volumetrici e “sconto” oneri, trascurando
e compromettendo la precipua caratteristica storico-culturale e urbanistica delle città, dei centri
minori, del territorio e del paesaggio?
Su questa responsabilità richiamiamo il ruolo della Regione Piemonte, che ci invita al tavolo del
confronto. E responsabilmente noi - espressione del Consiglio Regionale di Italia Nostra - da 70
anni Associazione Nazionale di tutela del patrimonio storico, paesaggistico e ambientale,
accogliamo l’invito; non per far presenza, ma come pretesa di ascolto. Ciò che difendiamo è super
partes.
La Legge 56/77 nel suo impianto originale e nelle finalità di “tutela ed uso del suolo” è stata
anticipatrice di una necessaria preminenza dei principi della tutela; è cogente ora, per legge, il
Piano Paesaggistico Regionale, strumento sovraordinato alla pianificazione. Ma assistiamo ad un
processo di liberalizzazione da vincoli e tutele e al venir meno della certezza del diritto.
L’articolo che più è stato combattuto e manomesso, l’articolo 17/bis - sul principio della
sussidiarietà, spesso male intesa e male interpretata sulla base del titolo V della Costituzione - in
presenza della parcellizzazione del nostro territorio regionale in 1.180 comuni, ha comportato da
una parte la difesa del “campanile”, dall’altra la richiesta di incentivi e di flessibilità.
La politica delle “deroghe” ha avuto la preminenza. E ne richiamiamo quanto al recente pregresso.
Ricordiamo il DDL “Riparti Piemonte” presentato della Giunta Regionale per Interventi di sostegno
finanziario e di semplificazione per contrastare l’emergenza da Covid-19”: “ il Piemonte si pone
all’avanguardia di una terapia shock per un comparto, come quello dell’edilizia, che dà occupazione
a tantissime persone e segna il tasso di sviluppo di un territorio. La rivoluzione della semplificazione
spazzerà via anni di immobilismo, dando una scossa al tessuto economico della Regione e facendo
scuola in tutta Italia". Da cui la legge 13 del maggio 2020 … e le nostre osservazioni già al vostro
protocollo e qui richiamate.
La ripartenza viene attribuita soprattutto all’edilizia, nella direzione della massima semplificazione
tramite la riduzione di oneri e dei dovuti adempimenti in materia di urbanistica, edilizia e di
paesaggi, deregolando fin anche.. le norme antimafia (art.65). Ma quale rapporto costi benefici?
Quali vantaggi per la collettività ora e per le generazioni a venire? Evidenti sono le ulteriori
compromissioni del nostro territorio a fronte delle deroghe ai PRG che lasciano campo libero
all’edificazione tramite varianti “parziali” (art.46/47), fino alle varianti/non varianti, omettono la
congruenza alla pianificazione sovraordinata e in primis al Piano Paesaggistico. Quale è il senso che
la Regione impegni a bilancio 50 milioni di euro a copertura totale o parziale degli oneri di
urbanizzazione dovuta ai Comuni da cittadini e imprese per interventi edilizi (art.13 e segg.),
quando gli stessi incentivi potrebbero essere indirizzati alla ristrutturazione dell’esistente, alla messa
in sicurezza del nostro territorio e/o rivolto ad interventi di recupero e restauro rispettosi dei nostri
beni e del nostro paesaggio e a proteggere e gestire al meglio i nostri luoghi di vita, le aree agricole,
i parchi, i boschi, la acque? E’ fondamentale per il rilancio del settore turistico garantire la qualità
dei territori – invece che “favorirli” con provvedimenti deregolanti che compromettono spazi liberi
(art.34), e l’armonia di borghi e città, permettendo di demolire e ricostruire senza rispetto alle
volumetrie e sagome preesistenti (art. 48). Altresì è molto grave permettere varianti in materia di
cave e poi legittimarle ( art.63), introdurre modifiche per favorire interventi edilizi in aree di rispetto
dei laghi (art.59). Non siamo già stati pesantemente penalizzati nel pregresso?
In Piemonte risulta circa il 7% di territorio occupato da superfici artificiali, pari a circa 170 mila
ettari, e tra il 2022 e il 2024 sono stati consumati altri 533 ettari di suolo. E ora, post Covid (Riparti
Piemonte!) andiamo a veder completata l’opera di compromissione.
Riuscire a bloccare finalmente il consumo di suolo, che pareva sensibilità comune, confligge con
quanto qui proposto che favorisce nuove costruzioni ove attualmente non concedibile,
sottraendole al controllo, incrementando gli indici di edificabilità per localizzazioni di attività
produttive, terziarie, commerciali (art.46). Ma abbiamo migliaia di capannoni vuoti o sottoutilizzati,
che la politica per il “Piemonte area depressa”, con finanziamenti pubblici amministrati dalla
Regione, su richiesta pressante degli Enti Locali, ha seminato, compromettendo territori agricoli
fertili afferenti le strade provinciali. Perché non indirizzare gli incentivi per il settore edile alla loro
riconversione? E per quanto all’urgente bisogno di edilizia sociale perché non impegnare la
manodopera per adeguare a fini abitativi i contenitori pubblici in disarmo o gli alloggi privati
disabitati da anni? Vero che la legge ha termine di scadenza e le misure sono state “urgenti e
temporanee”, ma ora, ricondotta dentro alla nuova Legge Urbanistica Regionale è difficile che
venga “degradata” e le concessioni emergenziali difficilmente paiono arrestabili. Ma questo è il
punto cardine su cui si misura la credibilità e competenza del tavolo di confronto istituito dalla
Regione Piemonte.
E ci preoccupa l’indicazione di esperti stakeholder (INU ) che sui temi della rigenerazione urbana e
territoriale e della stessa riqualificazione edilizia indicano la via dell’innovazione della forma del
piano urbanistico che porti a superarne le rigidezze per restituire operatività e utilità. Questo a
ridosso del caso salvamilano e delle distorsioni connesse a far salve modalità correnti deroganti dai
principi di legge. Ma non è certo questo il loro intendimento.
In riferimento alla proposta di legge n.94 del 20 giugno 2025 “Disposizioni temporanee in materia
urbanistica per l'accelerazione dello sviluppo economico regionale” si contesta sia questa la via
salvifica per portar maggior benessere alla nostra Regione, con un provvedimento che induce
deroghe a scadenza ( al 2030!) ai PRG vigenti. Posto valido il principio di sinergia tra Pubblico e
Privato si favorisce la finalità speculativa con l’ apertura all’investimento privato ( non inferiore a
cinque milioni di euro ) da facilitare con convergenza di finanziamenti pubblici e con la fattibilità di
modifiche agli strumenti urbanistici vigenti. Gli strumenti urbanistici vigenti sono la mano pubblica
che va così a contraddire se stessa. Ma può essere sopportabile se le modifiche agli strumenti
urbanistici vigenti non vanno a confliggere su quanto diversamente prescritto dal Piano
Paesaggistico Regionale, sugli indirizzi di tutela del costruito storico e sul paesaggio identitario del
luogo. E non vadano a compromettere territori adibiti all’agricoltura e ai rimboschimenti, ferma
restando la priorità di consumo zero di terreno vergine.
La linea di tendenza alla deregolamentazione viene definita come processo già in atto e non
arrestabile, per cui il riferimento è all’iter in corso ( modifiche alla 56/77) e a quanto già assentito.
(L.R 21 maggio ’25 n.7). L’accelerazione dello sviluppo economico regionale non può prescindere
dal controllo pubblico della pianificazione. E con le facilitazioni e gli incentivi, sempre più premianti
l’intervento privato, si sottraggono al beneficio pubblico gli stessi servizi a standard di legge e la
trasparenza del processo.
Nella Proposta di Legge 30 giugno 2025 n. 94 si definisce il ruolo della mano pubblica con la
definizione di interventi di interesse strategico regionale legata al potenziamento dell’attrattività
del territorio. Vorremmo invece fossero connessi ai bisogni che la comunità esprime. E vorremmo
che questo fosse l’elemento cardine della perequazione territoriale e urbanistica. Una regione, la
nostra - tra altre non più virtuose - in cui la sanità pubblica è sotto stress, il commercio è piegato
dalla grande distribuzione, l’edilizia sempre più incentivata e sottratta alle regole del buon governo,
il consumo di territorio in crescita, con sottrazione di territori a forme di economia sostenibile con
l’agricoltura.
Il proposto taglio della tempistica dei procedimenti autorizzativi delle varianti strutturali – rif. art.
3, comma 2 della legge regionale 19 luglio 2023, n.13 - auspicabile - prescinde dalla valutazione
sulla dotazione di competenze tecniche ( scarsa e/o sottonumeraria) che afferiscono ai vari attori
istituzionali - comuni, area metropolitana e province, Regione, e soprattutto Soprintendenza - apre
al silenzio /assenso, costringono in tempi più stretti le VAS (esperite dallo stesso proponente
l’intervento, quindi spesso il privato) rendendone nel provvedimento di verifica del tutto improbabili
i casi di assoggettamento della variante alla valutazione ambientale strategica. La conferenza di
copianificazione, già ora a ranghi ridotti, vedrà deleghe e presenze vicarie. Già il ricorso alle varianti
semplificate - sempre più ampio e sempre più localmente gradito – ha sottratto al corretto iter
pianificatorio una grande parte di interventi. Qui, come per le varianti strutturali, viene compresso il
procedimento. Ma la risposta che ci si attende dalla revisione della L.U.R. non è cavalcare e
introitare nella nuova LUR il processo in atto, ma sanare le incongruenze, e garantire la democrazia
e trasparenza dei processi autorizzativi. E men che meno avvallare il “fai da te” dei Comuni,
sottraendosi, come Regione, ai propri compiti istituzionali di verifica delle conformità.
Nell’articolo 2 del dd.ll.n.94 una tautologia: l’interesse strategico regionale come motore di
fattibilità per i comuni, di andare in deroga ai propri stessi strumenti ( il PRG) ed anche a quelli
sovraordinati, a qualsiasi condizione di partenza. I valori di soglia permessi (al privato) sono i 5
milioni di Euro di investimento e/o 10 mila ettari di superficie impegnata dall’intervento (in
deroga!!). Si può andare nelle more anche della concessione dei finanziamenti, sotto garanzia di una
delibera di Giunta.
L’ultimo articolo discrimina la possibilità di gestione più efficiente del processo urbanistico nei
casi di variante generale di PRG e di nuovo PRG a favore della città di Torino e dei capoluoghi di
provincia attivando, su loro richiesta la cabina di regia per un tavolo tecnico interistituzionale a
garanzia di tempi certi dell’iter di pianificazione urbanistica in rispetto degli adempimenti di cui
al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
Certo siamo favorevoli al processo di copianificazione, ma non alla discriminazione. E occorre
definire procedure che supportino i piccoli centri urbani e i borghi, consolidandone l’identità e
favorendone lo sviluppo sostenibile. E questo è un altro capitolo .
Ma alla base di questo confronto per una revisione della Legge Urbanistica Regionale56/77 è averne
elementi di valutazione qualitativa e quantitativa degli esiti, in base a parametri qualificanti, tra cui :
Il trend del consumo di suolo
La quantità e qualità dell’edificato posteriore al 1977
Lo stato di conservazione dei centri storici
La valorizzazione d’uso degli edifici pubblici
La ripartizione territoriale nella dotazione dei servizi
La diffusione degli impianti di logistica e superfici
La ricaduta di fondi pubblici e Pnrr nei vari ambiti
La conformità al PPR dei PRGC
Numero e tipologia delle varianti al PRG attivate dai Comuni
I dati dell’Autorità di bacino sullo stato delle vie d’acqua
I dati dell’Arpa sullo stato dei suoli
Certo dati non facilmente attribuibili alla LUR vigente, viste le Leggi di deroga ad oggi attivate.
Torino, 17 novembre 2025
A firma per CRP Italia Nostra
La Presidente La Vicepresidente, referente x l’urbanistica
Adriana Elena My Maria Teresa Roli
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