TORINO: AREA WESTINGHOUSE -NEBBIOLO. RIAPPROPRIARSI DELLA CITTA' PUBBLICA
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La Sezione di Torino dell'Associazione indirizza il suo focus su un'area urbana della città, quella su via Borsellino, già occupata dalla Westinghouse-Nebbiolo dove viene prevista la cementificazione del giardino in corso Vittorio. Vicenda annosa di un'area diversamente inizialmente destinata, ora arrivata disgraziatamente a comprendere la cessione a privati della preziosa area verde in corso Vittorio per farne un centro commerciale.
Una formidabile esemplificazione di come i criteri di una corretta gestione urbanistica, condivisi a parole da tutti, possano essere aggirati, e considerati secondari rispetto a supposti “stati di necessità” tecnico finanziari, ma in realtà “stati di necessità politici”: timori di castighi elettorali o di dover cedere competenze all'autorità centrale in caso di sofferenze di bilancio.
L'area un tempo occupata dalle industrie Westinghouse e Nebbiolo, fra via Borsellino e corso Ferrucci, ospita ora edilizia residenziale su corso Ferrucci, per la parte su via Borsellino fu acquisita dal Comune , comprendente area completamente demolita e piccola porzione superstite della Nebbiolo, di interesse storico architettonico. Era previsto che lì sorgesse la nuova sede della Biblioteca Comunale Centrale, su progetto dell'Arch. Bellini, e con una spesa prevista dell'ordine di duecento milioni di euro, forniti dallo Stato nell'ambito delle celebrazioni per il centocinquantenario dell'Unità nel 2011. Poi i fondi furono dirottati ed il Comune restò con un ingentissima parcella (congrua o meno che fosse) da saldare per la progettazione esecutiva della biblioteca: diciotto milioni. Certo è che a quel punto si perse l'aspirazione a fare dell' area un focus di qualità urbana. Secondo il Piano Regolatore del '95, il destino di tutta la fascia non edificata fra corso Vittorio ed il lungo complesso lineare della caserma fra corso Ferrucci e via Borsellino, sarebbe stato “verde e servizi”. Poi nella metà ovest affacciata su corso Ferrucci fu sviluppato un impianto sportivo, il controviale su corso Vittorio fu adibito all'uso attuale come terminal di bus a lunga percorrenza, e la metà verso via Borsellino, restò di fatto giardino pubblico a bassa manutenzione, peraltro non solo gradevole per la vegetazione godibile, ma unico spazio di suolo verde in piena terra per un vastissimo raggio in questo ambito ovest della città. Il vicino “giardino su soletta” soprastante il parcheggio sotterraneo della Cittadella Giudiziaria, ha qualche merito come installazioni per i bimbi ma è molto meno rilevante per presenze arboree e qualità ambientale. Nel 2011 la CRT presentò una dichiarazione di interesse per la costruzione di un centro congressi per cinquemila posti, e parallelamente emerse un possibile interesse all'acquisto da parte di società operanti nella grande distribuzione commerciale e sembrò congrua una proposta di cessione dell'area a fronte di un impegno a realizzare un centro congressi e attività commerciali e altro. L'area non risultava però sufficiente e si decise di comprendere nella vendita anche vasta parte dell'area verde compresa fra corso Vittorio, via Borsellino e l'ex caserma Lamarmora. Si allestì nel 2011 una variante al vigente Piano Regolatore per la quale la porzione est della fascia “verde e servizi” attigua alla caserma Lamarmora passava a destinazione “attrezzature di interesse generale”. Appurato tuttavia il vincolo monumentale e l'intangibilità della striscia di caserma interposta, per dare soddisfazione alle esigenze dei possibili acquirenti occorreva rinunciare del tutto a proteggere il verde. Così si arrivò nel 2013 al bando per la cessione per novantanove anni dell'area cosiddetta Westinghouse con unito giardino ex caserma Lamarmora, con definizione di una nuova Variante, la cui VAS, sorprendentemente, dichiarò superflua l'esecuzione della VIA. Unico partecipante all'asta si aggiudicò la cessione la società Esselunga, ma la Novacoop, si mosse legalmente contro tutto l'impianto con ricorso al Tar . Il ricorso amministrativo non è stato accolto dal Consiglio di Stato. Ma la Procura della Repubblica aveva ritenuto fondata l'accusa di turbativa d'asta, con richiesta di rinvio a giudizio dell'ex Sindaco Fassino e altri concorrenti alla vicenda, che ha avuto recente esito finale con prescrizione. Quello che comunque risulta utile materiale di riflessione è nella relazione della Polizia Giudiziaria.... sull'indagine, da cui emerge come siano state raccolte numerose dichiarazioni di funzionari del Comune sull'essere stati fortemente sollecitati ad una valutazione sommaria degli elementi qualitativi ed ambientali della variante per assicurarne il rispetto della scadenza utile esclusivamente per presentare un bilancio che desse per acquisito l'incasso della somma della vendita.
Il primo elemento rilevante è che i lavori della Conferenza dei Servizi si sono svolti velocemente, in poco più di 20 gg., nel rispetto di precise indicazioni dettate dal Comune di Torino che aveva richiesto la conclusione della procedura tassativamente entro il 30 dicembre. Senza la conclusione dei lavori non sarebbe stato possibile aggiudicare i diritti sull'area perché le offerte, raccolte in busta chiusa, si sarebbero potute aprire solo al termine della modifica dell'Accordo di Programma. In merito alla celerità dei lavori, convergono le dichiarazioni rese da tutti coloro che hanno partecipato alla Conferenza dei Servizi….. …. Le motivazioni erano legate alle esigenze di bilancio, considerato che l'assegnazione dei diritti di superficie sull'area “ex Westinghouse” avrebbe potuto comportare l'accertamento di somme (entrate) sul bilancio comunale. …. Il rispetto dei termini, come unanimemente riconosciuto dalle persone escusse, ha condizionato di certo l'esito dei lavori....
Occorreva che gli elementi urbanistici fossero determinati e normati con maggiore precisione soprattutto in relazione all'interesse pubblico, occorreva indicare per le varie destinazioni d'uso un “range” volumetrico, era necessario conoscere la valutazioni fatte dalla Città in merito all'opportunità di di realizzare il Centro Congressi vista la presenza sul territorio di altre strutture similari, era necessario approfondire gli elementi di tipo urbanistico e quelli di carattere ambientale, soprattutto per la procedura VAS, e quindi capire se la variante contenesse opere da assoggettare a VIA, occorreva approfondire la risoluzione di problemi legati alla viabilità e al traffico in una zona già congestionata, analizzare attentamente la compatibilità acustica, e tanto altro.
A queste richieste, avanzate da Enti partecipanti alla Conferenza, il Comune di Torino fece presente che le questioni sarebbero state affrontate successivamente, alla luce degli elementi di dettaglio forniti dallo Strumento Urbanistico Esecutivo.
In definitiva, non sussistevano le condizioni perché la Conferenza dei Servizi potesse esprimersi con dovuta attenzione e serenità sulla variante in argomento. Il tema più delicato era senza dubbio l'impatto ambientale e, quindi, la verifica di assoggettabilità a VAS. Qui emergono le contraddizioni più sostanziali. E' certo che la previsione in una variante urbanistica di un centro commerciale e di parcheggi di oltre 500 posti comportano tout court l'obbligo di sottoposizione a VAS. Nel caso esaminato, la previsione di un'area ASPI di 10.000 mq di SLP, pur in assenza di una formale classificazione in tal senso ai sensi delle disposizioni regionali, è sicuramente tale da prefigurare l'esistenza di un centro commerciale..... ” Superato il tema penale con la sentenza di avvenuta prescrizione, restano questi elementi, che indicherebbero una procedura decisionale urbanistica non adeguata. Mentre nei rilievi avanzati dalla Novacoop autrice sia dell'esposto giudiziario sia del ricorso al TAR si fa riferimento essenzialmente ad una omessa apertura di procedura di VIA e sembra chiaro che se fosse stata messa in opera la Valutazione di Impatto Ambientale, ben difficilmente la previsione di cancellazione di un'area verde avrebbe superato l'esame.
Ora è' necessario che tutti i componenti dell'Amministrazione Cittadina, Sindaco, Giunta e Consiglieri, riesaminino a fondo la vicenda e giudichino se, anche senza considerare gli aspetti giuridici e formali, non sia stato deliberato un vistoso peggioramento nella qualità urbana di Torino, sia nell'assetto di quartiere, sia anche nella percezione del gran numero di cittadini che percorrerà corso Vittorio Emanuele II. E ciò non solo in contrasto con affermazioni mille volte ripetute di voler applicare ed anzi potenziare il Piano Regolatore vigente nelle previsioni su quantità e qualità del verde urbano, ma con evidente compromissione del prestigio della Città, qualora si desse corso a tale progetto, caso assolutamente unico nell'urbanistica italiana di questi anni, di vendita di un ampio giardino pubblico per erigere un centro commerciale.
Senza necessariamente fare il processo alla non adeguata sensibilità ai valori ambientali delle passate Amministrazioni, ed alle considerazioni di bilancio che le avrebbero indotte a vedere pseudo “stati di necessità”, c'è adesso la necessità di correggere questo errore, ed anche la possibilità per la Città di trarre prestigio da questo “ravvedimento”.
Ora, visto lo stato di precaria salute economica dei centri commerciali, e la molto dubbia redditività di un centro congressi da cinquemila posti quale quello implicato nel progetto, potremmo persino pensare che Esselunga, attuale proprietaria delle aree implicate non abbia nessuna fretta per l'attuazione, e potrebbe considerare un ridimensionamento del progetto e la reintegrazione della proprietà del giardino al Comune, naturalmente dietro corresponsione di un prezzo proporzionale a quello di iniziale cessione.
Tenendo conto delle spese previste dal Comune per iniziative riconducibili a qualità ambientale e paesaggio urbano, questa soluzione risulterebbe compatibile ma anche prioritaria ed eventualmente alternativa ad altri interventi annunciati.
Per cogliere meglio quello che può essere descritto come un processo involutivo delle decisioni urbanistiche di qualità ambientale nelle aree centrali vediamo la successione di decisioni dalla elaborazione del Piano Regolatore poi promulgato nel '95 in poi.
Nel preliminare del Piano Regolatore presentato nel dicembre 1991 veniva immaginata la completa demolizione delle Carceri Nuove e delle Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie (OGR), con edificazione di un ampliamento del Politecnico su buona parte delle aree OGR, e formazione di un vasto parco su tutto il resto dell'area demolita, cioè totalità dell'area delle Nuove ed il resto dell'area OGR. L'Architetto Cagnardi, autore del progetto del Piano Regolatore, vi vedeva il futuro “Central Park” di Torino. Indubbiamente considerava sacrificabile a questo fine la testimonianza storica delle Carceri Nuove e delle OGR, ed è comprensibile che in seguito le autorità di tutela dei Beni Culturali abbiano indotto alla conservazione di questi monumenti, ma una grande prospettiva di presenza di verde venne fortemente ridimensionata, e sarebbe dovuto apparire ovvio dover ottenere il meglio da quello che restava. Perché, una volta decisa la sopravvivenza delle Nuove, l'aspetto del fronte su corso Vittorio era destinato a mantenere la sua storica “severità” e tanto più importante era che almeno gli spazi alberati già presenti della Caserma Lamarmora costituissero un parco che sarebbe stato l'unico di questa parte della città.
Poi però sembrò che creare impianti sportivi fosse prioritario, e la metà dell'area della caserma verso corso Ferrucci fu a questo destinata. Mentre la parte est verso via Borsellino ricevette scarsissima attenzione come giardino pubblico e veniva in parte adibita ad usi vari provvisori come supporto a vicine attività di cantiere mentre il controviale attiguo divenne terminal di bus a lunga percorrenza. Questo negletto giardino è l'unico vero spazio verde presente in questa parte della città. E presentando molti grandi alberi e piacevoli prati ha già una buona fruibilità, mentre non comporterebbe spese importanti qualche opera di miglioramento a favore dei vari segmenti del pubblico. Cementificare questo giardino, o piccolo parco che sia, oltre che un violento vulnus ambientale e una innegabile sottrazione di vivibilità per gli abitanti della zona, configurerebbe per l'immagine della nostra città una patente di disinvolta negligenza nella gestione del paesaggio urbano, proprio mentre si cerca di promuovere Torino come meta di turismo culturale e di felice connubio di natura, testimonianze storiche e architettura. L'Amministrazione, accettando di riconoscere questa realtà, può e secondo noi deve fare i passi necessari per correggere questo errore. Potremmo osservare che se finalmente si mettesse su questa strada con una adeguata regia di narrazione potrebbe evocare una tradizione di difesa dei valori urbani che in realtà da molti decenni ha avuto pecche importanti. Mentre il dare seguito all'attuale infelice progetto sfocerebbe verosimilmente in recriminazioni interminabili, con l'imbarazzo perenne di una testimonianza materializzata di sciatteria urbanistica.
E' veramente importante, e per fortuna possibile su un tema così “trasversale”, che tutti i cittadini attenti alla qualità ambientale ed ai veri interessi di Torino chiedano con forza all'Amministrazione la ricontrattazione del rapporto con gli attuali proprietari e la restituzione all'uso pubblico di questo giardino .
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