LA QUALITA' DELL'ARIA.
Pochi giorni dopo l'impegno che avevamo dovuto sostenere per "osservare" la proposta di revisione del Piano Territoriale del Piemonte, il nostro Consiglio, pur in un periodo non certo facile per l'assenza della rispettive sedi di molti componenti, ha dovuto cimentarsi in un'altra prova cioè redigere le osservazioni alla proposta di aggiornamento del Piano Regionale della qualità dell'aria. Un tema trasversale perché, in sintesi estrema, la qualità della nostra aria, al netto di quella che importiamo dalle regioni confinanti, è il risultato del modello antropico che regola la nostra esistenza. Modelli di consumi, modelli di mobilità, modelli di organizzazione della nostra esistenza quotidiana, modelli di pianificazione urbana sono tutti elementi (non sono i soli) che incidono, in genere negativamente, sulla qualità dell'aria che respiriamo. Il Piemonte già di suo non è messo in una posizione geografica molto felice, con la catena alpina che in qualche modo blocca la circolazione dell'aria e fa della pianura Padana una delle aree più inquinate d'Europa. Inquinamento che magari non sempre lo si vede perché è diventato "sottile", ma proprio per questo più insidioso mentre sono un vecchio ricordo le ciminiere delle industrie pesanti che riempivano i cieli delle loro malefiche nubi. Le osservazioni che la nostra Presidente è riuscita ad assemblare attraverso i contributi diversi che ha raccolto, cercano proprio di spaziare su questi temi trasversali, temi ai quali si somma quello della variazione climatica che aggiunge problema al problema e che rischia di far esplodere quello della qualità dell'aria, mandando letteralmente all'aria (scusatemi il bisticcio) ogni Piano ancorché criticabile, migliorabile... emendabile.
Consiglio Regionale del Piemonte Via Massena, n. 71 – 10128 Torino Tel. 011/500056; email piemontevalledaosta@italianostra.org
Prot. 25 /24 Torino, 30 agosto 2024
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OGG: Osservazioni al Piano Regionale della Qualità dell’Aria (PRQA) - L.R. n.43 del 7/04/2000
INTRODUZIONE: Riteniamo che il documento in discussione sia di estrema importanza e ringraziamo per essere stati coinvolti con una richiesta di osservazioni, che richiederebbe un' analisi più approfondita di quella che qui oggi presentiamo. Una lettura accurata della documentazione fornita dalla Regione sull'argomento ci ha consentito di verificare la complessità dei temi che essa affronta. Sono tutti argomenti che coinvolgono la nostra Associazione, argomenti per i quali, da sempre, essa si è impegnata e perciò riteniamo importante poter intervenire, anche se non in maniera compiuta e completa come vorremmo, nella attuale fase consultiva, al fine di apportare un contributo alla buona qualità della normazione legislativa in itinere. Purtroppo la consultazione è avvenuta in un periodo in cui molte delle forze dell'Associazione non erano in sede e ciò ha costituito un oggettivo impedimento o comunque una grossa difficoltà. Ci occuperemo pertanto solo di alcuni dei problemi tra tutti quelli che dovrebbero essere esaminati. Secondo quanto emerge dai dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente ( EEA), la Pianura Padana resta la regione più inquinata dell’Europa occidentale. L’organismo dell’Unione Europea che monitora le condizioni ambientali ha pubblicato gli ultimi dati raccolti, che hanno fatto registrare un generale miglioramento della qualità dell’aria rispetto al passato, ma che continua a rappresentare un grande rischio per la salute. È necessario fare di più per proteggere la salute dei bambini e degli adolescenti dagli impatti negativi dell’inquinamento atmosferico, secondo le valutazioni della qualità dell’aria dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) pubblicate oggi. L’inquinamento atmosferico causa oltre 1.200 morti premature all’anno nelle persone di età inferiore ai 18 anni in Europa e aumenta significativamente il rischio di malattia più avanti nella vita. Le cause dell’inquinamento in Nord Italia sono molteplici e sono note da anni. L’area della Pianura Padana è molto popolata, ci sono tante città, è densamente industrializzata. Soffia inoltre poco vento e le sostanze inquinanti ristagnano e non vengono disperse. La classifica delle città con oltre 50mila abitanti più inquinate del 2021, che tiene conto delle concentrazioni di PM2,5, riporta solo città del nord nelle prime dieci posizioni. In testa Cremona seguita da Padova e Vicenza sul podio. A seguire Venezia, Brescia, Piacenza, Bergamo, Alessandria, Asti e Verona. 12esima Milano, 14esima Torino. È noto quanto la qualità dell'aria influisca sulla salute umana. Infatti, a maggiori livelli d’inquinamento atmosferico sono correlati incrementi evidenti non solo di malattie respiratorie e cardiovascolari, ma anche malattie cronico-degenerative, e tumori, specie del polmone. Sono necessari interventi urgenti e non più rinviabili, in grado di ridurre drasticamente la produzione e immissione in ambiente di anidride carbonica e altri gas serra e di sostanze nocive e tossiche, con particolare riferimento al particolato fine ed ultrafine (classificato nel 2013 dalla Agenzia internazionale di ricerca sul cancroIARC come cancerogeno certo), agli idrocarburi policiclici aromatici, ai metalli pesanti, al benzene, alle molecole diossino-simili: tutti agenti potenzialmente cancerogeni. È indispensabile che siano ampliate le reti di monitoraggio della qualità dell’aria, con utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, in particolare nelle aree e nei distretti con presenza di rilevanti fonti d’inquinamento: aree industriali, grandi poli di produzione energetica, città con elevato traffico veicolare, aree portuali e aeroportuali. Devono essere realizzate politiche attive che riducano complessivamente la necessità di ricorrere ai processi di combustione, principali responsabili dell’inquinamento atmosferico urbano. Si tratta in primo luogo di attuare politiche urbanistiche volte sia alla riduzione del fabbisogno energetico degli edifici grazie al miglioramento della loro coibentazione ed all’aumento dell’efficienza energetica degli impianti di riscaldamento-raffrescamento, sia alla riduzione della necessità di ricorrere all’uso degli autoveicoli per la mobilità urbana e quindi incentivare anche il telelavoro e le videoconferenze. Una migliore qualità dell’aria potrà essere garantita soltanto da una rapida trasformazione dell’intero sistema dei trasporti regionali, che permetta una drastica riduzione dell’immissione in atmosfera dei prodotti derivanti dalla combustione di petrolio, gasolio, benzine e gas. È necessario quindi, prima di tutto, ridurre lo spostamento delle merci su grandi distanze, disincentivare il trasporto commerciale su gomma ed incentivare il trasporto su rotaia per il trasporto di merci e persone; ridurre il traffico automobilistico ed in particolare quello privato nelle grandi e piccole città, che potrebbero così recuperare fascino, bellezza e condizioni di vita più salubri anche attraverso l’utilizzo di mezzi ad alimentazione elettrica/o ibrida e l’uso delle biciclette. Ciò può essere realizzato attraverso scelte urbanistiche che avvicinino i servizi – a cominciare da quelli amministrativi – alle residenze, riqualifichino e ripopolino i centri storici e ricostruiscano il tessuto di piccole attività artigianali e commerciali delle città, soffocato e distrutto da politiche orientate a privilegiare i grandi centri commerciali, responsabili, a loro volta, di una quota certo non trascurabile di traffico veicolare. * * * * * Si ritiene pertanto indispensabile ribadire alcuni fattori-chiave per un effettivo riscontro della diminuzione dell’inquinamento nelle città ed un progressivo miglioramento della qualità dell’aria, con riferimento alla zona di Vercelli e provincia Ambito: Provincia di Vercelli 1. Incentivare il trasporto ferroviario 1.1. L'area vercellese - capoluogo e piccoli centri - è caratterizzata da un accentuato pendolarismo verso Torino e verso Milano. Negli ultimi anni il servizio ferroviario è peggiorato (riduzione dei treni, ritardi, affollamento delle carrozze). In occasione del rinnovo degli accordi con Trenitalia occorre rivedere e implementare il servizio ferroviario regionale e interregionale. 1.2 Recuperare la direttrice Vercelli. Casale con l’elettrificazione sia a fini passeggeri che per fini turistici, collegando le due città molto importanti dal punto di vista culturale e pertanto favorendo lo spostamento su rotaia e non su gomma, anche nell’ottica della direttrice Vercelli-Liguria, che potrebbe riavere un largo impiego a livello turistico. 2. Misure per il trasporto pubblico su gomma Perseguire azioni legate sia al rinnovo del parco mezzi che alla produzione di incentivi per i cittadini che intendono utilizzare il mezzo pubblico per la mobilità quotidiana (di lavoro, scolastica, degli anziani, ecc.). L’impiego di mezzi di ridotte dimensioni ma che garantiscano più corse giornaliere ha sicuramente un effetto positivo sulle città medio-piccole e serve precisamente ad invogliare i cittadini ad utilizzare i servizi con i bus urbani. 3. Incentivare la mobilità ciclistica Alla base dello sviluppo sostenibile ed anche dal punto di vista dell’inquinamento nei centri abitati, si dovrebbe agire a livello regionale in modo sistematico su tutti i vantaggi e sulle rispettive problematiche dovuto all’utilizzo della bicicletta. Si dovrebbe favorire la mobilità a livello ciclistico a qualsiasi dimensione urbana, dalla grande città ai paesi piccoli e marginali, avendo particolare cura del problema legato alla scarsità di piste ciclabili che invece rappresentano di fatto un grosso incentivo per chi intende impiegare la bicicletta come mezzo di trasporto; è tristemente nota inoltre la pericolosità dell’impiego della bicicletta nelle grandi città, dove la mancanza di adeguata viabilità (apposite piste) espone il ciclista al rischio reale di incidenti. È pertanto indispensabile la produzione di piani urbani legati alla cosiddetta “mobilità dolce”, che favoriscano l’impiego di questo mezzo ma in condizioni di elevata sicurezza. Inoltre, si evidenzia che solo con l’aumento nei centri storici delle “isole pedonali” può facilitare la circolazione di tutti i veicoli, a seconda della larghezza delle strade e di conseguenza drasticamente abbassare i percolati succitati e contemporaneamente rivitalizzare i centri storici. Infine, è fondamentale l’utilizzo di una mobilità pubblica con l’introduzione di autoveicoli ecologici, al fine di limitare notevolmente la mobilità privata che spesso provoca ingorghi blocchi stradali con il conseguente aumento ulteriore degli inquinanti dell’aria. 4. Efficienza energetica A livello generale si elencano una serie di misure e comportamenti finalizzati a migliorare l'efficienza energetica e ridurre le fonti di inquinamento, da riprendere a livello legislativonormativo: Edifici efficienti: Isolamento termico, finestre a basso emissivo, impianti di riscaldamento e raffrescamento ad alta efficienza. Cappotto o insufflaggio delle pareti. Isolamento del tetto. Sostituzione di vetri e infissi. Elettrodomestici di classe energetica elevata: Scegliere apparecchi con etichetta energetica A+++ o superiore. Illuminazione a LED: Sostituire le vecchie lampadine con LED, che consumano molta meno energia e durano più a lungo. Energie rinnovabili: Produrre energia da fonti rinnovabili come solare, eolica, idroelettrica. Comportamenti individuali: Adottare piccoli gesti quotidiani come spegnere le luci quando si esce da una stanza, staccare gli elettrodomestici dalla presa quando non sono in uso, regolare la temperatura del riscaldamento e del condizionatore. Alberature in città e forestazione urbana Preoccuparsi di un buon stato di salute dell'aria che respiriamo, dell'incolumità e del benessere dei cittadini, oggi, in piena crisi climatica, significa in primis prendere misure contro l'inquinamento conservando il verde pubblico e naturalmente, ove possibile, aumentandolo, non certo abbattendo con leggerezza o con mancanza di analisi accurate piante che vengono giudicate da illustri esperti, anche se non tecnici del Comune, non denotanti malattie gravi e quindi non a rischio schianto. Una importante sentenza del Consiglio di Stato del 27 ottobre 2022 sostiene che il presupposto dell’urgenza va limitato ai casi eccezionali di situazioni di pericolo, considerando che il rischio zero di caduta non esiste. Inoltre, la sentenza stabilisce che occorrono perizie tecniche e strumentali per certificare lo stato della pianta e non solo la valutazione visiva. Oggi i cittadini attivi e consapevoli si indignano per le devastazioni ovunque accadano e i sindaci dovrebbero ritenere encomiabili i cittadini che dimostrano di non pensare solo al proprio giardino o “cortile”. Invece nell'area del Piemonte si portano avanti anacronistiche speculazioni con progetti di supermercati, ospedali, impianti sportivi, rottamazione di viali, “compensati” talora soltanto sotto l’aspetto della CO2, ma non dell’ossigeno, dell’ombra, dell’assorbimento di inquinanti ecc. Dal punto di vista sanitario studi dell'OMS hanno dimostrato che gli alberi rimuovono grandi quantità di inquinamento aereo e migliorano la qualità dell’aria, e che l'asma nei bambini è molto inferiore in aree con maggior numero di alberi lungo le strade; piantare alberi in aree con elevato inquinamento, incroci, semafori... produce un proporzionale maggiore effetto di rimozione degli inquinanti, rispetto agli alberi nei giardini; le osservazioni sotto un singolo albero mostrano riduzione del PM10 del 20% nell’aria, e i maggiori benefici si ottengono con 2-3 file di alberi vicini. Una recente ricerca ha analizzato l’impatto benefico del verde sulla vita della popolazione usando modelli matematici: 850 vite salvate all’anno, 600mila attacchi respiratori in meno, un risparmio sui costi di salute di circa 7 miliardi di €! Va ribadita la necessità che i comuni si dotino di “piani del verde” per affrontare e contrastare in modo efficace l’inquinamento urbano. E' anche necessario riprendere il discorso della perimetrazione dei “centri storici”, nell’ottica, ormai consolidata, di rigenerare e riqualificare anche parti di città con caratteristiche storiche ma non ancora inserite nella normativa dei centri storici, come ad es. parti di città legate allo sviluppo ottocentesco (e pertanto di pregio) che rischiano di andare perse a causa di una normativa architettonico-edilizia non in grado di tutelarle (è un fenomeno che sta avvenendo in tutte le grandi città ma anche in quelle medio-piccole). Non c'è più tempo da perdere. Si deve dare priorità ad una nuova idea delle città che consideri il verde come cultura e valore da salvare, incrementare e trasmettere, non solo un orpello estetico da sacrificare agli amministratori del momento. Lasciare e curare gli alberi in città sono gesti d’amore. Piantare quindi alberi in città, lungo i fiumi, nei parchi, nelle rotonde, nelle campagne ai margini dei campi coltivati. Purtroppo, con la scusa della sicurezza automobilistica non si fanno più alberate lungo le nostre strade, ma al nostro paesaggio viene a mancare qualcosa. Come ormaitutti sappiamo, le piante riducono il cambiamento climatico, assorbendo anidride carbonica e producendo ossigeno, ospitano uccelli e insetti utili, riducono le isole di calore durante le ondate di calore estivo, rinfrescando l’atmosfera, fanno più bello il paesaggio e, quindi, la nostra vita, perché esiste interconnessione fra le creature, come insegna il Cantico francescano: un tipo di coscienza che dobbiamo recuperare, perché quello di uomini e alberi è un destino inscindibile. Piantare alberi ovunque sia possibile è un atto di fiducia nel futuro ed anche un atto generoso che altri godranno dopo di noi: un gesto umile e semplice ma carico di speranza. Riforestare le città avendone poi cura. Purtroppo, in questi ultimi tempi assistiamo invece a frequenti abbattimenti di alberature nelle nostre città e non è sempre per situazioni di sicurezza. Piantare alberi, che sono un filtro per l’aria e per l’acqua, che contribuiscono alla termoregolazione del pianeta, ci aiuterà a rallentare il corso del cambiamento climatico. Scrive Claude Lévi-Strauss: “Un tempo la natura aveva un significato che ognuno, nel suo intimo, percepiva. Avendolo perso, l’uomo oggi la distrugge e si condanna”. Sì, perché la natura può vivere e continuare a generare e rigenerare anche in assenza dell’uomo; al contrario, noi senza la natura non esisteremmo. E' nostra ferma convinzione che non si debbano abbattere piante se non per un fondato ed effettivo rischio di caduta. Mentre osserviamo che l'espressione “a fine del ciclo vitale” termine usato ed abusato per gli alberi ha un senso molto relativo ed interpretabile, l'interesse pubblico è sicuramente nel mantenimento di un certo grado di qualità del paesaggio e di fruibilità delle alberate cittadine, nonostante oggettive periodiche esigenze di abbattimento di singoli alberi per effettivo rischio di schianto o fitopatologie contagiose. La tutela del diritto alla salute e ad un ambiente salubre sono sanciti dalla Costituzione (art. 32). Conosciamo bene quali e quanto gravi siano i danni alla salute sia fisica che psichica arrecati dal fenomeno dell'inquinamento atmosferico e Torino in special modo è città ad altissima criticità: le piante d'alto fusto, con le loro molteplici funzioni ecosistemiche, dallo stoccaggio del carbonio atmosferico alla rimozione o attenuazione di inquinanti, dalla regolazione della temperatura in periodi di cambiamenti climatici ed estati torride, periodo in cui già viviamo, costituiscono una difesa per l'ambiente ed una grande risorsa per i cittadini. Sappiamo che la riduzione dell' ombreggiatura in un periodo di grande calore produce patologie e malesseri. E come gli alberi alti a vasta chioma producano la massima ombreggiatura rispetto a nuovi impianti riducendo di oltre 4 gradi le temperature su facciate limitrofe e strade pedonabili sottostanti. E notiamo anche che molti Comuni consapevoli di ciò hanno a questo proposito predisposto il Servizio EMERGENZA CALDO con l'obiettivo di ridurre i disagi provocati dalle ondate di calore. L'abbattimento delle alberature non potrà essere compensato dal fatto che le stesse vengano rimpiazzate da altri alberi di minore qualità ambientale e con minori funzioni ecosistemiche, stante la situazione attuale di emergenza climatica. Inoltre la conservazione del patrimonio paesaggistico ed ambientale costituisce elemento sancito dal diritto comunitario ed internazionale nonché dalla Convenzione di Aarhus (1998). Gli alberi vanno conservati e tutelati e solo le piante malate vanno abbattute ed alcune compromissioni delle chiome sono sanabili con più accurate ed attente potature. Perché le affermazioni non rimagano tali occorre che, nella consapevolezza dell'urgenza di alcune emergenze climatiche quali il riscaldamento, con le periodiche ondate di calore e l'inquinamento sottile favorito anche dai lunghi periodi di alta pressione ristagnante sull'area della pianura Padana, vengano previste e assunte misure concrete, provvedimenti anche di natura legislativa che la stessa Regione può decidere in assoluta autonomia e che diano concretezza a previsioni che il PRQA dovrebbe contenere. Per rimanere al tema della forestazione urbana e più in generale del verde cittadino come non auspicare interventi sulla legislazione urbanistica che elevi in maniera significativa la misura degli standar a verde pubblico previsto per gli interventi di nuova costruzione, che ponga un drastico freno alla politica della monetizzazione diffusa degli standar, vietandola sempre per la quota riferita a tale standar, e ancora la redazione di un regolamento tipo, inegrativo di quello edilizio che introduca una disciplina attuativa riferita al verde urbano, sia esso pubblico che privato, vuoi in materia di impianto che di gestione e perché non prevedere l'obbligatorietà che una quota degli oneri di urbanizzazione complessivamente riscossa annualmente dai Comuni venga vincolata al mantenimento/ripristino ed estensione del verde pubblico urbano ed infine, (ma sono solo misure indicative di una più vasta gamma di quelle adottabili) con inserire l'abbligo di garantire a carico degli attuatori e loro aventi casusa, negli interventi edilizi più consistenti, anche se non comvenzionati, la conservazione e la qualità degli impianti a verde sino alla loro intervenuta maturazione (troppe volte si assiste al precoce degrado, per assenza di manutenzione, dei nuovi impianti) . Sono misure che un'emergenza come quella di cui si parla dovrebbero suggerire a chiunque. D'altra parte, in tema di rilancio economico, la Regione non aveva esitato ad assumere interventi legislativi che hanno derogato a norme urbanistiche, scavalcando le stesse competenze degli Enti Comuni. Non si comprenderebbe perché dovrebbe esitare di fronte ad altre emergenze, quando l'attuazione di quanto abbiamo qui suggerito avrebbe come destinatari i cittadini, intervenendo sulla qualità degli ambienti urbani, favorendo il mantenimento delle buone condizioni ove esistono, prevedendo il miglioramento delle condizioni di degrado urbanistico presenti e infine garantendo altresì, sin da subito, la qualità urbanna dei nuovi insediamenti. A proposito degli standards urbanistici con particolare riferimento alle aree verdi La quantità di standard relativi al verde fissate dalle norme come minimi per abitante residente, dovrebbero essere ridefinite nell'ambito del PRQA perché le condizioni di necessità non sono uguali su tutto il territorio regionale allo scopo di migliorare o almeno salvaguardare gli effetti positivi della presenza di aree non edificata nel tessuto urbano o nelle zone limitrofe. La limitazione dell'uso del suolo non ancora urbanizzato potrebbe essere meglio controllata se la destinazione d'uso risultasse vincolata da prescrizioni garantiste della salute pubblica. Ovviamente un nuovo standard potrebbe essere definito con aree inedificate formanti una cintura significativa (greenbelt) intorno agli attuali aggregati urbani prevenendo continuità edilizie devastanti. Il verde potrebbe avere destinazioni diverse: dalle rinaturalizzazioni al verde agricolo con vincolo sui sistemi biologici di coltivazione, dalle sacche per laminazioni in difesa idrogeologica ad aree attrezzate per lo sport e per il tempo libero. Agricoltura Dalle attività zootecniche e di coltivazione con i fertilizzanti chimici deriva la maggior parte delle emissioni di ammoniaca. Le attivita' agricole che impiegano insetticidi, pesticidi, diserbanti alterano profondamente il suolo e l'atmosfera. Il Piano Regionale della Qualità dell' Aria (PRQA) prevede da un lato il miglioramento volontario di tecniche agricole e gestionali per ridurre le emissioni di ammoniaca, polveri sottili e altri inquinanti e dall'altro introduce alcuni vincoli per le tipologie di aziende agricole piu' impattante. Inoltre le attivita' agricole che impiegano insetticidi, pesticidi, diserbanti alterano profondamente il suolo e l'atmosfera. Nel Piano non viene per niente messo in discussione il modello di sviluppo agricolo che mira ad una agricoltura sempre più intensiva con lo scopo di massimizzare i rendimenti dei terreni agricoli disponibili con grande uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici e dell' allevamento di bestiame con allevamenti di animali come mucche, maiali e polli tenuti al chiuso in fattorie ormai industriali. Queste pratiche contribuiscono in maniera significativa all'accumulo di gas serra nell'atmosfera. Non sono previsti interventi significativi per fermare la perdita di biodiversità, per cambiare anche minimamente il modo in cui viene prodotto e consumato il cibo, per cercare di iniziare a creare un sistema agroalimentare più sostenibile e rispettoso degli ecosistemi naturali. Nessun accenno viene fatto per sostenere l'adozione di pratiche agricole più rispettose della natura che sostengano la biodiversità limitando il ricorso a sostanze chimiche e sintetiche e utilizzando tecniche piu' sostenibili per gestire il suolo. Non si individuano una serie di esempi positivi che pure esistono (aziende che hanno promosso pratiche sostenibili improntate a una filosofia completamente diversa di rispetto degli animali e della biodiversità, di rigenerazione del suolo ) nè si fa' cenno ai discorsi che ormai da tanti anni molte associazioni (ad esempio Slow Food) fanno sulla necessita' di un cambiamento nelle politiche agricole. Invece delle buone pratiche agricole si continua a lasciare espandere monocolture economicamente redditizie che sottraggono terreno a boschi e ad altre coltivazioni ad esempio la viticoltura nelle Langhe che sottrae ogni metro quadrato di terreno disponibile per impiantare nuovi vigneti, anche su versanti esposti a Nord o i noccioleti che invadono terreni anche in pianura prima coltivati a grano
Per il Consiglio Regionale Italia Nostra Piemonte
Adriana Elena M
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