TORINO: LA CAVALLERIZZA - UNA SVOLTA CRITICA
















La questione della " Cavallerizza" ritorna di attualità dopo anni di incertezza, con il progetto che vede in campo la Fondazione S. Paolo e l'Università Statale. Presentata come una "soluzione" al problema, rischia di affossare per sempre il progetto che, invece, avrebbe potuto completarsi del polo Regio di Torino. Questa è la preoccupazione che anima l'intervento del Consiglio Regionale e della Sezione di Torino della nostra Associazione che, con questa nota si appella direttamente al Ministro del beni Culturali.




Consiglio Regionale del Piemonte
Via Massena, n. 71 – 10128 Torino



Prot. n. 3/22

Torino, 12 febbraio 2022


Al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo

on. Dario Franceschini

Al Segretariato Generale

Direzione Generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio

p.c.




Gentile Ministro,

raccomandiamo nuovamente alla Sua attenzione la vicenda della Cavallerizza Reale di Torino, che appare ora proiettata verso un esito non consono al grande valore culturale di questo bene, ma reso possibile da decisioni amministrative, prese a livello locale del MIBACT nel 2005, che hanno stabilito l'alienabilità del bene, a nostro parere in inequivocabile contrasto col dettato della legislazione vigente.

In particolare laddove il Codice dei Beni Culturali del 2004 recita (art.54, comma 2 d): “Sono altresì inalienabili le cose immobili appartenenti ai soggetti di cui all'art.53 dichiarate di interesse particolarmente importante quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive, religiose, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d).”

Ora non appare concepibile che questo bene, parte integrante del complesso delle Residenze Reali, possa non essere compreso nella definizione di interesse particolarmente importante come testimonianza storica e identitaria.

La “Regia Accademia o Cavallerizza Reale” sorse nell'ultimo quarto del Seicento come Accademia Reale, architettonicamente concepita come raddoppio monumentale del Palazzo Ducale, poi Reale. Oltre che Accademia il complesso era integrato a varie esigenze del Palazzo, e come istituzione fu fruita non solo dai giovani della nobiltà degli Stati Sabaudi, come Vittorio Alfieri, ma da numerosi giovani dell'aristocrazia europea, per poi divenire dopo la Restaurazione postnapoleonica del 1814 Regia Accademia Militare, frequentata dal giovane Cavour, così come da molti altri esponenti del Risorgimento piemontese.

Questo complesso comprende praticamente in tutti i suoi spazi possibilità importanti di utilizzazioni culturali, sia museali, sia espositive, sia per lo spettacolo, nonché per varie funzioni di servizio a queste attinenti.

Prima di tutto l'appartenenza fisica e storica al complesso del Palazzo Reale configura la possibilità di integrare le potenzialità espositive del Polo Reale.

Molto importante è anche la possibilità di ulteriori spazi per il contiguo Archivio di Stato juvarriano, tricentenario, che eretto espressamente a questo fine custodisce un tesoro di documenti nel loro intatto arredo, e che richiederebbe ulteriore respiro di spazi sia per l'afflusso e la collocazione ordinata di nuovi documenti, sia per importanti esposizioni che ora devono svolgersi in spazi circoscritti.

Ma proprio le specificità storiche della Cavallerizza esprimono possibilità che vanno molto oltre una semplice addizione spaziale ai Musei Reali.

La Cavallerizza, ovvero Accademia Reale e poi Regia Accademia Militare, sorta su progetto di Amedeo di Castellamonte, e addizionata poi dall'Archivio di Stato di Filippo Juvarra e dal Maneggio Grande di Benedetto Alfieri, ha una inequivocabile vocazione ad ospitare in parte un museo della propria storia. Storia di interesse tutt'altro che circoscrivibile all'ambito di corte, profondamente legata alle vicende dello stato sabaudo e al suo determinante sbocco nella storia nazionale nel Risorgimento, ed anche ai rapporti internazionali del diciottesimo secolo, quando l'Accademia Reale accoglieva molti rampolli dell'aristocrazia europea ed era una tappa del Grand Tour.

Ora il programma d'azione del Comune di Torino, enunciato in un dettagliato PUR, Piano Unitario di Riqualificazione, disattende in massima parte queste vocazioni naturali, pur dato atto dell'articolazione di questo piano nella descrizione del complesso, nella ricapitolazione della sua storia, nella valutazione tecnica e nelle previsioni di restauro.

Reso possibile, a valle del provvedimento suddetto del 2005, dalla avvenuta alienazione a due entità di diritto privato ancorché di proprietà pubblica, la società Cartolarizzazioni Comune di Torino (CCT) e la Cassa Depositi e Prestiti, il Piano prevede per le varie parti del complesso un uso pubblico per un solo 14%, per uso residenziale sino ad un 50% e per servizi per un 30%, come riscontrabile da tavole del PUR che alleghiamo alla presente.

Oltre alla segmentazione per destinazioni d'uso il PUR prevede varie “unità di intervento” per le quali si chiedono manifestazioni di interesse collegate ad impegno di intervento e al trasferimento di proprietà.

E' ora in corso l'assegnazione a entità private delle varie porzioni di questo importantissimo bene nazionale, sulla base del suddetto P.U.R. Piano Unitario di Riqualificazione, e una parte importantissima è già stata assegnata con asta, a condizione di rinuncia a prelazione da parte dello Stato, a Compagnia di San Paolo e Università degli Studi di Torino, in forma indivisa, con quota del 77,5% per la Compagnia di San Paolo e 22,5% per l'Università. Sono in corso trattative per il resto del complesso, in cui prevalgono destinazioni d'uso particolarmente improprie per un bene di tale importanza: residenza, attività turistico-ricettiva, terziario anche commerciale.

Pur nel rispetto della grande attività nell'interesse pubblico svolta negli anni dalla Compagnia di San Paolo, non possiamo ritenere congruo che ad essa venga trasferita la piena proprietà, e quindi una sostanziale piena potenzialità d'uso, di un bene culturale di prima grandezza, di cui a nostro parere non sarebbe stata ammissibile l'alienazione, e per sua collocazione e sua natura suscettibile di una illimitata varietà di impieghi culturali.

Ci appare estremamente opportuno che lo Stato, nella Sua persona e nella struttura del suo Ministero, prenda i provvedimenti opportuni per rientrare nella proprietà di questo bene, potendolo solo così indirizzare alla piena espressione delle sue possibilità.

Ma oltretutto va considerato l'impatto di perplessità per non dire di deprecazione che l'alienazione di una parte di un bene culturale di prima grandezza come il Sistema delle Residenze Sabaude, tutelato dall'Unesco, proietterebbe negli ambienti della cultura storico-artistica in Europa e nel mondo.

L'esborso a ciò necessario sarebbe comunque di entità limitata, più che commensurabile non solo con l'importanza di questo bene, ma anche col potenziamento dell'attività museale e culturale in genere del Polo Reale di Torino, e con un indotto positivo per le attività economiche turistico-ricettive nella città.

Non appare sostenibile l'argomento che per tanti anni è stato affacciato per difendere l'indifendibile, che solo l'intervento economico di privati, attuabile solo previa loro acquisizione della proprietà, possa attuare doveroso restauro e valorizzazione culturale.

Prima di tutto perché possiamo fortunatamente osservare che si sono verificati molti importanti e impegnativi restauri con interventi di Fondazioni ed altre entità private senza che vi fosse cessione della proprietà, ma semplicemente con accordi su una successiva partecipazione a tempo determinato nella gestione dei beni.

Poi perché il complesso della Cavallerizza Reale non richiede interventi urgenti di grande entità per quanto riguarda la sicurezza, e il restauro dell'elemento di maggior valore estetico monumentale, il Maneggio Grande di Benedetto Alfieri, pressochè unico elemento che sia già rientrato nella proprietà del Comune di Torino, vede già a quanto sappiamo un adeguato stanziamento del MIC per il restauro. Avvenuto che fosse questo, il sicuro irradiamento di interesse renderebbe ulteriormente possibile l'afflusso di sostegni da entità private, in particolare Fondazioni, senza che ritenessero necessaria l'acquisizione della proprietà.

In subordine, e dato che la parte ora alienata e soggetta a diritto di prelazione dello Stato viene ceduta indivisa ad un'entità privata, la Compagnia di San Paolo, ed a una pubblica, l'Università, la prelazione potrebbe dar luogo ad una successiva cessione dell'intera parte all'Università, che peraltro potrebbe poi stipulare accordi con la Compagnia di San Paolo per esercizi d'uso di vario genere, sempre in ambito di promozione culturale.

Al riguardo si ricorda come al piano terra dell'edificio “del Mosca” cui è particolarmente interessata la Compagnia di San Paolo, si trovano gli amplissimi spazi delle ex scuderie, ben adatti ad uso quali aule di studio, nonché naturalmente a conferenze e spettacoli.

Alleghiamo alla presente:


le tavole del P.U.R. a dimostrazione di quanto le destinazioni d'uso risultino incongrue, mortificanti le vere potenzialità di promozione culturale e per l'interesse comune;


il documento “La Cavallerizza Reale” di Torino

Facciamo appello alla Sua collaudata sensibilità per questi valori perché venga riesaminata a fondo questa situazione, affinchè lo Stato, esercitando il diritto di prelazione, rientri in pieno controllo di un tale Bene Pubblico ed adeguatamente possa indirizzarlo alle sue vocazioni naturali.

La salutiamo fiduciosi nella Sua attenzione, nell’auspicio di un positivo riscontro

Adriana Elena My

presidente Consiglio Regionale Italia Nostra Piemonte




Roberto Gnavi

presidente Sezione Italia nostra Torino


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