TORINO: LA SEZIONE DI ITALIA NOSTRA "OSSERVA" IL PIANO INFRASTRUTTURA VERDE DELLA CITTA'
LLa Sezione di Torino, e per questo ringraziamo il suo Presidente Roberto Gnavi, è intervenuta con un proprio contributo che ha voluto qualificare il momento partecipativo offerto dalla Città nella fase di formazione di uno strumento importante di pianificazione del verde urbano nei suoi aspetti di realizzazione e di gestione. E' una sensibilità che la Città ha creduto di offrire e che Italia Nostra ha ritenuto non lasciar cadere. Qui, nel seguito, riportiamo i contenuti che Italia Nostra ha espresso, con l'auspicio che possano essere apprezzati nel momento di approvazione definitiva del Piano, consapevoli tutti di come il verde urbano possa e debba diventare un protagonista importante nella "rigenerazione", questa sì, di tante parti delle città, grande e medie, che, in questi anni di mai finita crisi economica e industriale, hanno visto l'abbando e che ora rischiano di accrescere soltanto il degrado. Il verde può essere una nuova prospettiva rispetto ad un abbandono senza futuro. Buona lettura
Il “piano” di cui è condivisibile l'intenzione di definire impegni e criteri nella gestione del verde, progettato e naturale, e di consolidare la consapevolezza di un particolare valore e particolare esigenza di tutela di quanto possediamo a Torino, presenta a nostro parere aspetti critici di decisiva importanza.
L’Infrastruttura Verde di Torino nel 2020
Le alberate - il sistema dei viali
Poiché questa trattazione descrittiva assume anche significato di sottolineatura di caratteristiche da tutelare, osserviamo che nella vasta trattazione delle varie componenti del verde in Torino, il paragrafo relativo al sistema delle alberate spicca per straordinaria laconicità: precisa i riferimenti quantitativi, sessantamila alberi e il numero di esemplari per ciascuna delle cinque specie più diffuse, e prima dice semplicemente che “si tratta di un patrimonio arboreo di grande valore”. Tutto qui; mancano ovvero si suppone che vengano dati per scontati riferimenti alle specifiche funzioni e possibilità dei viali, e questa carenza di attenzione specifica ha poi importanti conseguenze, nell'enunciazione degli indirizzi progettuali, nell'assenza o inadeguatezza o addirittura importante dannosità di azioni previste, come il contemplare addirittura la sostituzione di intere alberate.
Per questa parte introduttiva del piano proponiamo per le alberate una enunciazione del tipo: “il sistema dei viali torinesi, non solo diventa nell'ottocento la struttura e la caratteristica saliente delle espansioni della città, ma riceve subito vasto consenso di cittadini e visitatori. La presenza di alberi lungo vaste arterie fa del percorrerle un piacere che va oltre i vantaggi funzionali, perchè il viale ha, o meglio aveva soprattutto allora, un ruolo di giardino lineare certo adesso schiacciato per non dire cancellato dal traffico e soprattutto dall'uso come parcheggio. E' evidente la possibilità di recuperare questa qualità con abolizione della possibilità di parcheggio sulle banchine salvo situazioni particolari, smantellamento della copertura catramata e ripristino del suolo libero.”
Il verde privato
Non è chiaro perchè la voce “verde privato” non compaia nell'elenco delle voci della Infrastruttura Verde. Sarebbe giusto menzionare la sua importanza paesaggistica sia prevalente in ambito collinare sia importante nei quartieri di ville e palazzine pedecollinari, nella zona della Crocetta, via Lessona-Servais e altre.
Il verde verticale
Il verde privato
Non è chiaro perchè la voce “verde privato” non compaia nell'elenco delle voci della Infrastruttura Verde. Sarebbe giusto menzionare la sua importanza paesaggistica sia prevalente in ambito collinare sia importante nei quartieri di ville e palazzine pedecollinari, nella zona della Crocetta, via Lessona-Servais e altre.
Il verde verticale
Il verde verticale, termine dalle molte possibili declinazioni, compare in questo Piano Strategico nell'ambito “soluzioni di contrasto alle vulnerabilità climatiche”. Certamente può essere utile anche con questo riferimento, ma sta di fatto che rappresenta da sempre un importante risorsa sia estetica sia per il microclima, e che è utilizzato molto meno del possibile, in pratica per nulla nel verde pubblico, e meno che in passato nel privato.
Potrebbe essere allestito per quanto direttamente attuabile dal Comune ovvero dalla Città metropolitana, e decisamente incoraggiato per quanto riguarda le proprietà private con premialità fiscali e supporto tecnico.
In particolare, i lunghi muri di cinta di sistemi infrastrutturali privi di funzionalità di sicurezza, come caserme dismesse, ospedali o altro, dove sono generalmente di negativo irradiamento visivo ambientale. Un esempio evidente la recinzione dell'Ospedale Militare fra Piazza d'Armi e corso Orbassano.
Quando si disponga delle risorse e all'interno degli spazi recintati siano presenti o prevedibili alberi e/o nuclei di giardino, a beneficio dell'irradiamento di qualità ambientale tali muri possono essere vantaggiosamente sostituiti da cancellate. Comunque si dovrebbe studiare l'applicazione di vegetazioni rampicanti i cui effetti alla lunga negativi per le consistenze murarie sarebbero irrilevanti agli effetti pratici quanto a pericolo, e comporterebbero manutenzione minima.
Ma a parte questi interventi di attenuazione di desolazioni, le possibilità del verde verticale, sia come semplice rampicante adeso a pareti, sia nelle forme più complesse come quelle citate nell'allegato 6, facciate verdi “doppia pelle” e in particolare i muri verdi autonomi, i “muri viventi” offrono una gamma vastissima di possibili miglioramenti dell'ambiente urbano.
Per i muri ciechi di edifici per i quali il Comune tende ora ad offrire ai proprietari opere d'arte abbastanza divisive quanto ad apprezzamento della popolazione, si potrebbe piuttosto immaginare soluzioni verdi.
Il Verde ricreativo
Per la voce Arte nel verde, poiché non tutti gli inserimenti di opere d'arte in aree verdi sembrano riscuotere il consenso estetico dei frequentatori, appare giusto che in futuro ogni singolo inserimento di tal genere sia sottoposto ad un sondaggio di opinione nel quartiere, con vera ricerca di capillare contatto degli abitanti, con ipotizzabilità anche di “opzione zero” ed evitando il rischio di sondaggi sostanzialmente pilotati, come fu a suo tempo la richiesta di scegliere per piazza Benefica fra tre opere d'arte di un medesimo artista.
Forestazione urbana
Concordiamo sulla opportunità che anche le aree urbane contribuiscano alla riforestazione globale con conseguente sequestro di carbonio dalla CO2 atmosferica, ma ciò con valore essenzialmente simbolico educativo, visto l'effetto infinitesimale di questo contributo. Mentre, con opinione a nostra conoscenza largamente diffusa, riteniamo che a prescindere dal maggior costo di impianto, si debba dare priorità all'impiantare alberi, o rinforzarne la dotazione, per strade periferiche in aree residenziali, larghissime quanto desolate. In particolare possiamo citare via Botticelli, e tutto l'allineamento Santa Maria Mazzarello - De Sanctis - Pietro Cossa, quello Sansovino - Reiss Romoli, e corso Orbassano nel tratto fra largo Orbassano e piazza Santa Rita.
Gestione del verde pubblico
Non è ammissibile la previsione di “sostituzione di alberate”, prima di tutto per quelle storiche ma anche per sistemi alberati più recenti deve vigere un rapporto decisionale albero per albero. Questo perché il pregio sostanziale di un viale, che può manifestarsi solo dopo parecchi anni di maturazione, consiste essenzialmente nelle proporzioni consistenti della massa vegetale visibile, e questo valore può mantenersi nel tempo solo se singoli abbattimenti e sostituzioni con esemplari giovani di dimensioni già apprezzabili sono scaglionati lungo decenni. Letteralmente preoccupante anche se già noto quale atteggiamento culturale di una parte dei corpi tecnici del Comune è quanto leggiamo a pag.146 del progetto di Piano:
"Rinnovo delle alberate
Il tema del rinnovo delle alberate a fine ciclo, o con aspettative di vita ridotte, e con fattore di sicurezza biomeccanica ridotto è delicato. Di esso si discute da decenni e ovunque ha sempre trovato enormi problemi di applicazione per la difficoltà di far comprendere alla cittadinanza che in alcuni casi è necessario sostituire intere alberate, prima che possano diventare pericolose per la sicurezza degli utenti.
L’orologio biologico di molte alberate urbane, non solo a Torino, è arrivato a fine ciclo e con la variabile degli eventi meteo estremi non è possibile prevedere e prevenire i cedimenti e le conseguenze su cose e persone, anche adottando le tecniche di indagine più moderne e sofisticate.
Negli anni a venire si dovrà avviare un piano pluriennale di rinnovo delle alberate, che tenga conto delle esigenze attuali della città, delle esigenze degli alberi e dei cambiamenti climatici, anche inserendo specie maggiormenteadatte ai nuovi scenari.
Per mantenere, anche se con qualche cambiamento, i viali alberati nel pieno della loro bellezza e funzionalità non vi sono alternative fattibili ad un loro rinnovo graduale pianificato e programmato. Tale strategia richiederà investimenti
notevoli ed il coinvolgimento dei Settori che operano sul suolo pubblico. Avrà inoltre bisogno di un forte sostegno politico per spiegarlo, comunicarlo e condividerlo con tutti i portatori di interesse (interni ed esterni)"
Ora, premesso che per i viali alberati dev'esserci ovviamente un rinnovo graduale, non è ammissibile quanto implicato nell'enunciato “pianificato e programmato” che è reso esplicito da quanto detto sopra “in alcuni casi è necessario sostituire intere alberate, prima che possano diventare pericolose per la sicurezza degli utenti”. Non è ammissibile perché il rischio di schianto di un albero, che sicuramente non può essere escluso in assoluto, non può però risolversi in un'ecatombe simultanea, pena la perdita per decenni proprio della bellezza del viale, mentre sono evidentemente disponibili alternative, di sostituzione graduale per singoli alberi, tantopiù che sono state quelle effettivamente praticate negli ultimi decenni. Praticate ma malvolentieri perché da almeno trent'anni sentiamo invocare da funzionari l'opportunità di abbattimenti e sostituzioni collettivi. E' per questo che ci dicevamo molto preoccupati ma non del tutto sorpresi per l'esprimersi di un atteggiamento culturale già allora evidente.
Sentivamo già allora iniziare il discorso dichiarando, parole che chi scrive ricorda testuali: “le grandi alberate storiche di Torino hanno terminato il loro ciclo vitale”. Ora, visto che la maggioranza degli alberi di allora è tuttora in piedi, e di buon aspetto, almeno nel tratto Porta Nuova corso Vinzaglio, è evidente che questo concetto di ciclo vitale era utilizzato in modo estremamente vago, ed era tutt'uno con questa ideologia della sostituzione collettiva. Una ideologia che secondo noi nasce da un lato dalla comprensibile inquietudine dei funzionari che in caso di schianto di un'albero con danno a persone vengono automaticamente inquisiti e dall'altro dalla evidente praticità organizzativa ed economica di abbattere intere alberate e poi sostituirle simultaneamente.
Riguardo alla prassi attuale di abbattere e poi sostituire singole piante ci viene detto che con le condizioni attuali la sopravvivenza e lo sviluppo della nuova pianta sarebbero estremamente precari. Però prima di tutto osserviamo in corso Vittorio piante messe a dimora diversi anni fa in apparente buona salute, e verosimilmente destinate a crescere, se non fino alle proporzioni maestose degli alberi storici che si trovano accanto.
Ma osserviamo anche che, per prevenire la caduta di una pianta, sia in attesa di abbattimento ritenuto urgente per rischio di schianto, sia invece per valutare con calma tale necessità, soprattutto se si tratta di un esemplare paesaggisticamente strategico, è tecnicamente possibile allestire presidi di stabilizzazione sia provvisori sia di durata indeterminata, da studiare caso per caso, indubbiamente costosi, ma adeguati all'estrema importanza dell'aspetto di queste alberate.
Riteniamo che lo scetticismo sulla praticabilità di interventi di stabilizzazione di grandi alberi che abbiamo sempre rilevato nel certo validissimo personale tecnico del Verde sia dovuto anche alla rarità di operazioni simili effettivamente compiute in Torino. Rarità a sua volta dovuta al considerare tali operazioni proibitivamente costose, in rapporto al gran numero di piante potenzialmente candidabili a tali trattamenti.
E' estremamente opportuno che il personale tecnico intraprenda, beninteso con finanziamento adeguato, una ricognizione dello stato dell'arte nell'ambito della stabilizzazione ed allestisca esperimenti pilota.
In vista delle sostituzioni necessarie dovrà essere potenziata la preparazione nei vivai comunali di piante destinate ad assumere proporzioni significative prima del trapianto nei viali, e per non dovere mortificare come spesso avviene le dimensioni dell'apparato radicale, dovrà essere considerato il trasporto speciale con grande zolla e rimozione se necessario dei cavi aerei.
Ci permettiamo di ricordare i termini con cui l'apposita Commissione raccomandò nel 1962 l'apposizione del vincolo sulle alberate storiche torinesi poi sancito col D.M. del 22 febbraio 1964:
“Questi grandi viali dalla folta e imponente alberatura rappresentano elemento tipico ed insostituibile nella definizione dei caratteri ambientali della Città e insieme possiedono nella intrinseca bellezza verde e negli effetti di prospettica lontananza spesso inquadrante lontani paesaggi alpini un così alto valore di elemento di paesaggio urbanistico da richiedere una degna tutela per la salvezza della loro integrità: a ciò si aggiungono anche le considerazioni sulla importanza di questi elementi nella più ampia storia del paesaggio urbano italiano.
…................................................................................................................................................
…. La Commissione pertanto riscontrando nei viali della città di Torino, di cui al successivo elenco, eccezionali qualità di bellezza ambientale ad essi derivante dalla loro strutturazione, dalla architettonica disposizione degli alberi, dalla ricchezza del verde che li definisce, dalla unitaria composizione urbanistica che fa di essi, oltretutto, tipici esempi di un'ampia e respirata costruzione di paesaggio urbano in senso storico e tradizionale, constatando in altri termini che questi viali costituiscono singolarmente e nel loro coordinato insieme complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore tradizionale; delibera.......”
La manutenzione ordinaria delle aree verdi
Global service
Siamo molto perplessi sull'affidamento ad un'entità privata per quanto tecnicamente affidabile di un insieme di compiti che a quanto viene detto andrebbero oltre il piano meramente esecutivo di attività di manutenzione ordinaria. In particolare dovrebbero restare esclusiva competenza del personale tecnico del Comune tutte le scelte progettuali e quelle attinenti le attività di manutenzione non programmabili. L'enunciato “Le attività di manutenzione non programmabili (tra e quali la riparazione di giochi, arredi e pavimentazioni, le potature, gli abbattimenti, la fornitura e messa a dimora di alberi) verrebbero gestite dal medesimo soggetto su richiesta dell’Amministrazione.” può essere accettabile solo se “gestite dal medesimo soggetto su richiesta dell’Amministrazione” viene inteso come esecuzione di atti singoli deliberati dall'Amministrazione, e non come gestione anche decisionale su tali interventi.
Partenariati strategici pubblico/privato e partecipazione
Un tema che intercetta molti capitoli del PSIV e che viene sviluppato al cap 9 riguarda
la partecipazione ai processi decisionali progettuali gestionali della Infrastruttura Verde da parte della cittadinanza (attiva) come interlocutrice dell'Amministrazione Pubblica.
Si riconosce ora la partecipazione come variabile strategica dello stesso PSIV.
D'altronde 'partecipazione' è una parola chiave lungo la vicenda del verde urbano: se nel passato ha accompagnato i primi movimenti partecipativi, e con valenze specifiche -vedi ad es. la vicenda della Tesoriera agli inizi degli anni'70, tra tante altre azioni rivendicative- oggi è una bandiera ideologica che sventola indisturbata.
Ma rimane tuttavia una parola ancora acerba e piuttosto difficile da declinare, sospesa tra un disinteresse diffuso ed esperienze nuove e significative anche a livello locale: per un suo rilancio, già percepibile come atteso in questo tempo segregato, potrebbe risultare utile una valutazione del suo svolgersi negli anni, capace di indagarne le criticità.
Potremmo in tal senso seguire alcune forme di coinvolgimento della cittadinanza già tentate nell'Area Verde: come l'operazione di promozionalità avviata per i 'Cortili Verdi' di anni fa, molto ben impostata ma invece fallita -a dimostrazione della difficile democrazia di base a livello condominiale. Oggi (e ancora con disponibilità di bonus verde) questo tema rimane quantitativamente e qualitativamente problematico: come risulta evidente, quando confrontiamo le superfici impermeabilizzate dei box nei cortili condominiali a una migliorabile vivibilità degli stessi, soggetta anche a bolle di calore e se ne verifichiamo, nel moltiplicarsi delle situazioni, gli effetti rilevanti e diffusi nell'intera estensione urbana. E questo a fianco di nuove iniziative, che vorremmo invece veder segnalate, di cortili aperti e rinverditi, di nuova edilizia elaborata con materiali verdi.. quindi un indice di un divario, di uno dei divari che incidono nelle forme partecipative della cultura del verde cittadino. Un altro esempio minore, ma più felice, di coinvolgimento dei privati sono stati i concorsi lanciati per i 'Balconi fioriti' che hanno registrato nel tempo migliori esiti partecipativi, indicando nella cura del verde privato anche una variabile di abbellimento urbano.
Un processo che potrebbe forse sostenere valide estensioni nella dimensione pubblica. E qui ci riferiamo esplicitamente alla possibilità di trasferire e verificare nella nostra città una recente esperienza tra privato e pubblico attivata dal 2015 a Parigi e altre città francesi: dove la formula di un 'Permis de végétaliser' impegna il privato per un triennio alla cura di vasi fioriti, delle basi fiorite di alberi esistenti , di rampicanti in facciata e impiantati su suolo pubblico, concordando gli interventi col Servizio Verde della Amministrazione Municipale. Si crea in tal modo una interfaccia privato/ pubblico per un giardinaggio urbano partecipativo, capace di trasformare una strada, un insieme di strade, in un luogo di scambio e di convivialità che permette agli abitanti di essere attori del loro quartiere.
Quelle che potevano essere precedentemente singole e tradizionali azioni individuali - vedi una fioritura al cancello di ingresso, un glicine lungo una scala- vengono cosi incoraggiate e agevolate da una politica urbana per un verde di vicinato.
A Torino, orti urbani di quartiere, interventi verdi attivati col programma Co-City, iniziative di valorizzazione anche solo temporanea di aree inutilizzate (come il recente riuso del percorso tranviario dismesso di corso Gabetti segnalato dall'infilata di pali ridipinti gialli, proposto dal gruppo 'Torino Stratosferica') creano situazioni puntuali di rinnovata qualità ambientale, oltre a formare occasioni di aggregazione, attraverso formule e sperimentazioni diverse di cooperazione pubblico/privato -segno di una desiderabilità di verde urbano, richiesta o suggerita.
Altre occasioni di consistente valore integrativo al verde urbano sono ancora inesplorate e comunque inattuate, sia nelle parti centrali della città che in periferia.
Riportandoci a quanto già sopra individuato nella nostra nota su il 'Verde verticale', dove indica come alcuni muri di recinzione di proprietà pubbliche e private potrebbero farsi in parte 'trasparenti' per offrire la percezione immediata dei giardini interni ( una indicazione già presente nel PRG del '59!), vorremmo sottolineare la rilevanza quantitativa dei muri perimetrali suscettibili di trasformazione in 'muri di verde'. Proprio l'impianto di rampicanti può interpretare questi muri, piuttosto che come confini, come altre leggere 'infrastrutture verdi' a valenza diffusiva, con un valore visuale e ambientale non trascurabile in molte zone urbane. In tal senso proviamo ad immaginare il muro di cinta del Cimitero Generale rinverdito in tutta la sua lunghezza, che lo presenterebbe come un ben diverso tassello urbano, conferendogli anche un rinnovato valore simbolico.
Sono molti gli interventi verdi minori possibili, a costo sostenibile, per creare e incrementare un diffuso interstiziale connettivo verde e la sua stessa desiderabilità come condizione partecipativa; d'altronde, questa può essere suggerita e offerta anche a partire da risorse verdi esistenti -così a Regio Parco, dove il vivaio municipale lungo il Po, rivisitato con un percorso floricolo di attraversamento, verrebbe percepito come sorprendente fulcro di tutto l'intorno in attesa di trasformazione.
Alla partecipazione sono evidentemente necessari informazione e comunicazione.
Gli scambi comunicativi alla, e della, cittadinanza attiva presentano una permanente problematicità che chiede di esser affrontata, disponendo di canali ancora poco presenti o dispersivi ecomunque da reinventare.
Pensiamo ad una informazione più continuativa sulla stampa e sui media a livello locale,
una rubrica che valga raccogliere e mantenere l'interesse alla risorsa verde sia a livello cittadino (vedi l'esempio della trascurata centralità di Cavallerizza e Giardini Reali già sottolineato), sia a livello delle 8 circoscrizioni (dove si potrebbe seguire l'iter delle proposte e l'avanzamento dei cantieri aperti).
In un orizzonte comunicativo (interessato anche ad evitare lo spreco di risorse disponibili!) anche altre mediazioni sono da rinforzare: va indicata quella con le aree della ricerca, della università, delle professioni, ricche di archivi di indagini e di proposte utili a formare un retroterra alle azioni in corso o previste. E certamente alcune indagini e proposte potrebbero essere rivisitate significativamente al presente: con verifiche sia su temi precisati -ad es per il progetto della rete ciclabile andrebbe considerato il lavoro importante svolto da Alberto Bottari- sia su ambiti precisati -ad es va segnalato come prototipo il programma di raccolta e conservazione delle tesi di laurea su Mirafiori avviato dalla Casa del Parco per riportare in loco informazioni e conoscenza altrimenti disperse.
Non è ammissibile la previsione di “sostituzione di alberate”, prima di tutto per quelle storiche ma anche per sistemi alberati più recenti deve vigere un rapporto decisionale albero per albero. Questo perché il pregio sostanziale di un viale, che può manifestarsi solo dopo parecchi anni di maturazione, consiste essenzialmente nelle proporzioni consistenti della massa vegetale visibile, e questo valore può mantenersi nel tempo solo se singoli abbattimenti e sostituzioni con esemplari giovani di dimensioni già apprezzabili sono scaglionati lungo decenni. Letteralmente preoccupante anche se già noto quale atteggiamento culturale di una parte dei corpi tecnici del Comune è quanto leggiamo a pag.146 del progetto di Piano:
"Rinnovo delle alberate
Il tema del rinnovo delle alberate a fine ciclo, o con aspettative di vita ridotte, e con fattore di sicurezza biomeccanica ridotto è delicato. Di esso si discute da decenni e ovunque ha sempre trovato enormi problemi di applicazione per la difficoltà di far comprendere alla cittadinanza che in alcuni casi è necessario sostituire intere alberate, prima che possano diventare pericolose per la sicurezza degli utenti.
L’orologio biologico di molte alberate urbane, non solo a Torino, è arrivato a fine ciclo e con la variabile degli eventi meteo estremi non è possibile prevedere e prevenire i cedimenti e le conseguenze su cose e persone, anche adottando le tecniche di indagine più moderne e sofisticate.
Negli anni a venire si dovrà avviare un piano pluriennale di rinnovo delle alberate, che tenga conto delle esigenze attuali della città, delle esigenze degli alberi e dei cambiamenti climatici, anche inserendo specie maggiormenteadatte ai nuovi scenari.
Per mantenere, anche se con qualche cambiamento, i viali alberati nel pieno della loro bellezza e funzionalità non vi sono alternative fattibili ad un loro rinnovo graduale pianificato e programmato. Tale strategia richiederà investimenti
notevoli ed il coinvolgimento dei Settori che operano sul suolo pubblico. Avrà inoltre bisogno di un forte sostegno politico per spiegarlo, comunicarlo e condividerlo con tutti i portatori di interesse (interni ed esterni)"
Ora, premesso che per i viali alberati dev'esserci ovviamente un rinnovo graduale, non è ammissibile quanto implicato nell'enunciato “pianificato e programmato” che è reso esplicito da quanto detto sopra “in alcuni casi è necessario sostituire intere alberate, prima che possano diventare pericolose per la sicurezza degli utenti”. Non è ammissibile perché il rischio di schianto di un albero, che sicuramente non può essere escluso in assoluto, non può però risolversi in un'ecatombe simultanea, pena la perdita per decenni proprio della bellezza del viale, mentre sono evidentemente disponibili alternative, di sostituzione graduale per singoli alberi, tantopiù che sono state quelle effettivamente praticate negli ultimi decenni. Praticate ma malvolentieri perché da almeno trent'anni sentiamo invocare da funzionari l'opportunità di abbattimenti e sostituzioni collettivi. E' per questo che ci dicevamo molto preoccupati ma non del tutto sorpresi per l'esprimersi di un atteggiamento culturale già allora evidente.
Sentivamo già allora iniziare il discorso dichiarando, parole che chi scrive ricorda testuali: “le grandi alberate storiche di Torino hanno terminato il loro ciclo vitale”. Ora, visto che la maggioranza degli alberi di allora è tuttora in piedi, e di buon aspetto, almeno nel tratto Porta Nuova corso Vinzaglio, è evidente che questo concetto di ciclo vitale era utilizzato in modo estremamente vago, ed era tutt'uno con questa ideologia della sostituzione collettiva. Una ideologia che secondo noi nasce da un lato dalla comprensibile inquietudine dei funzionari che in caso di schianto di un'albero con danno a persone vengono automaticamente inquisiti e dall'altro dalla evidente praticità organizzativa ed economica di abbattere intere alberate e poi sostituirle simultaneamente.
Riguardo alla prassi attuale di abbattere e poi sostituire singole piante ci viene detto che con le condizioni attuali la sopravvivenza e lo sviluppo della nuova pianta sarebbero estremamente precari. Però prima di tutto osserviamo in corso Vittorio piante messe a dimora diversi anni fa in apparente buona salute, e verosimilmente destinate a crescere, se non fino alle proporzioni maestose degli alberi storici che si trovano accanto.
Ma osserviamo anche che, per prevenire la caduta di una pianta, sia in attesa di abbattimento ritenuto urgente per rischio di schianto, sia invece per valutare con calma tale necessità, soprattutto se si tratta di un esemplare paesaggisticamente strategico, è tecnicamente possibile allestire presidi di stabilizzazione sia provvisori sia di durata indeterminata, da studiare caso per caso, indubbiamente costosi, ma adeguati all'estrema importanza dell'aspetto di queste alberate.
Riteniamo che lo scetticismo sulla praticabilità di interventi di stabilizzazione di grandi alberi che abbiamo sempre rilevato nel certo validissimo personale tecnico del Verde sia dovuto anche alla rarità di operazioni simili effettivamente compiute in Torino. Rarità a sua volta dovuta al considerare tali operazioni proibitivamente costose, in rapporto al gran numero di piante potenzialmente candidabili a tali trattamenti.
E' estremamente opportuno che il personale tecnico intraprenda, beninteso con finanziamento adeguato, una ricognizione dello stato dell'arte nell'ambito della stabilizzazione ed allestisca esperimenti pilota.
In vista delle sostituzioni necessarie dovrà essere potenziata la preparazione nei vivai comunali di piante destinate ad assumere proporzioni significative prima del trapianto nei viali, e per non dovere mortificare come spesso avviene le dimensioni dell'apparato radicale, dovrà essere considerato il trasporto speciale con grande zolla e rimozione se necessario dei cavi aerei.
Ci permettiamo di ricordare i termini con cui l'apposita Commissione raccomandò nel 1962 l'apposizione del vincolo sulle alberate storiche torinesi poi sancito col D.M. del 22 febbraio 1964:
“Questi grandi viali dalla folta e imponente alberatura rappresentano elemento tipico ed insostituibile nella definizione dei caratteri ambientali della Città e insieme possiedono nella intrinseca bellezza verde e negli effetti di prospettica lontananza spesso inquadrante lontani paesaggi alpini un così alto valore di elemento di paesaggio urbanistico da richiedere una degna tutela per la salvezza della loro integrità: a ciò si aggiungono anche le considerazioni sulla importanza di questi elementi nella più ampia storia del paesaggio urbano italiano.
…................................................................................................................................................
…. La Commissione pertanto riscontrando nei viali della città di Torino, di cui al successivo elenco, eccezionali qualità di bellezza ambientale ad essi derivante dalla loro strutturazione, dalla architettonica disposizione degli alberi, dalla ricchezza del verde che li definisce, dalla unitaria composizione urbanistica che fa di essi, oltretutto, tipici esempi di un'ampia e respirata costruzione di paesaggio urbano in senso storico e tradizionale, constatando in altri termini che questi viali costituiscono singolarmente e nel loro coordinato insieme complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore tradizionale; delibera.......”
La manutenzione ordinaria delle aree verdi
Global service
Siamo molto perplessi sull'affidamento ad un'entità privata per quanto tecnicamente affidabile di un insieme di compiti che a quanto viene detto andrebbero oltre il piano meramente esecutivo di attività di manutenzione ordinaria. In particolare dovrebbero restare esclusiva competenza del personale tecnico del Comune tutte le scelte progettuali e quelle attinenti le attività di manutenzione non programmabili. L'enunciato “Le attività di manutenzione non programmabili (tra e quali la riparazione di giochi, arredi e pavimentazioni, le potature, gli abbattimenti, la fornitura e messa a dimora di alberi) verrebbero gestite dal medesimo soggetto su richiesta dell’Amministrazione.” può essere accettabile solo se “gestite dal medesimo soggetto su richiesta dell’Amministrazione” viene inteso come esecuzione di atti singoli deliberati dall'Amministrazione, e non come gestione anche decisionale su tali interventi.
Partenariati strategici pubblico/privato e partecipazione
Un tema che intercetta molti capitoli del PSIV e che viene sviluppato al cap 9 riguarda
la partecipazione ai processi decisionali progettuali gestionali della Infrastruttura Verde da parte della cittadinanza (attiva) come interlocutrice dell'Amministrazione Pubblica.
Si riconosce ora la partecipazione come variabile strategica dello stesso PSIV.
D'altronde 'partecipazione' è una parola chiave lungo la vicenda del verde urbano: se nel passato ha accompagnato i primi movimenti partecipativi, e con valenze specifiche -vedi ad es. la vicenda della Tesoriera agli inizi degli anni'70, tra tante altre azioni rivendicative- oggi è una bandiera ideologica che sventola indisturbata.
Ma rimane tuttavia una parola ancora acerba e piuttosto difficile da declinare, sospesa tra un disinteresse diffuso ed esperienze nuove e significative anche a livello locale: per un suo rilancio, già percepibile come atteso in questo tempo segregato, potrebbe risultare utile una valutazione del suo svolgersi negli anni, capace di indagarne le criticità.
Potremmo in tal senso seguire alcune forme di coinvolgimento della cittadinanza già tentate nell'Area Verde: come l'operazione di promozionalità avviata per i 'Cortili Verdi' di anni fa, molto ben impostata ma invece fallita -a dimostrazione della difficile democrazia di base a livello condominiale. Oggi (e ancora con disponibilità di bonus verde) questo tema rimane quantitativamente e qualitativamente problematico: come risulta evidente, quando confrontiamo le superfici impermeabilizzate dei box nei cortili condominiali a una migliorabile vivibilità degli stessi, soggetta anche a bolle di calore e se ne verifichiamo, nel moltiplicarsi delle situazioni, gli effetti rilevanti e diffusi nell'intera estensione urbana. E questo a fianco di nuove iniziative, che vorremmo invece veder segnalate, di cortili aperti e rinverditi, di nuova edilizia elaborata con materiali verdi.. quindi un indice di un divario, di uno dei divari che incidono nelle forme partecipative della cultura del verde cittadino. Un altro esempio minore, ma più felice, di coinvolgimento dei privati sono stati i concorsi lanciati per i 'Balconi fioriti' che hanno registrato nel tempo migliori esiti partecipativi, indicando nella cura del verde privato anche una variabile di abbellimento urbano.
Un processo che potrebbe forse sostenere valide estensioni nella dimensione pubblica. E qui ci riferiamo esplicitamente alla possibilità di trasferire e verificare nella nostra città una recente esperienza tra privato e pubblico attivata dal 2015 a Parigi e altre città francesi: dove la formula di un 'Permis de végétaliser' impegna il privato per un triennio alla cura di vasi fioriti, delle basi fiorite di alberi esistenti , di rampicanti in facciata e impiantati su suolo pubblico, concordando gli interventi col Servizio Verde della Amministrazione Municipale. Si crea in tal modo una interfaccia privato/ pubblico per un giardinaggio urbano partecipativo, capace di trasformare una strada, un insieme di strade, in un luogo di scambio e di convivialità che permette agli abitanti di essere attori del loro quartiere.
Quelle che potevano essere precedentemente singole e tradizionali azioni individuali - vedi una fioritura al cancello di ingresso, un glicine lungo una scala- vengono cosi incoraggiate e agevolate da una politica urbana per un verde di vicinato.
A Torino, orti urbani di quartiere, interventi verdi attivati col programma Co-City, iniziative di valorizzazione anche solo temporanea di aree inutilizzate (come il recente riuso del percorso tranviario dismesso di corso Gabetti segnalato dall'infilata di pali ridipinti gialli, proposto dal gruppo 'Torino Stratosferica') creano situazioni puntuali di rinnovata qualità ambientale, oltre a formare occasioni di aggregazione, attraverso formule e sperimentazioni diverse di cooperazione pubblico/privato -segno di una desiderabilità di verde urbano, richiesta o suggerita.
Altre occasioni di consistente valore integrativo al verde urbano sono ancora inesplorate e comunque inattuate, sia nelle parti centrali della città che in periferia.
Riportandoci a quanto già sopra individuato nella nostra nota su il 'Verde verticale', dove indica come alcuni muri di recinzione di proprietà pubbliche e private potrebbero farsi in parte 'trasparenti' per offrire la percezione immediata dei giardini interni ( una indicazione già presente nel PRG del '59!), vorremmo sottolineare la rilevanza quantitativa dei muri perimetrali suscettibili di trasformazione in 'muri di verde'. Proprio l'impianto di rampicanti può interpretare questi muri, piuttosto che come confini, come altre leggere 'infrastrutture verdi' a valenza diffusiva, con un valore visuale e ambientale non trascurabile in molte zone urbane. In tal senso proviamo ad immaginare il muro di cinta del Cimitero Generale rinverdito in tutta la sua lunghezza, che lo presenterebbe come un ben diverso tassello urbano, conferendogli anche un rinnovato valore simbolico.
Sono molti gli interventi verdi minori possibili, a costo sostenibile, per creare e incrementare un diffuso interstiziale connettivo verde e la sua stessa desiderabilità come condizione partecipativa; d'altronde, questa può essere suggerita e offerta anche a partire da risorse verdi esistenti -così a Regio Parco, dove il vivaio municipale lungo il Po, rivisitato con un percorso floricolo di attraversamento, verrebbe percepito come sorprendente fulcro di tutto l'intorno in attesa di trasformazione.
Alla partecipazione sono evidentemente necessari informazione e comunicazione.
Gli scambi comunicativi alla, e della, cittadinanza attiva presentano una permanente problematicità che chiede di esser affrontata, disponendo di canali ancora poco presenti o dispersivi ecomunque da reinventare.
Pensiamo ad una informazione più continuativa sulla stampa e sui media a livello locale,
una rubrica che valga raccogliere e mantenere l'interesse alla risorsa verde sia a livello cittadino (vedi l'esempio della trascurata centralità di Cavallerizza e Giardini Reali già sottolineato), sia a livello delle 8 circoscrizioni (dove si potrebbe seguire l'iter delle proposte e l'avanzamento dei cantieri aperti).
In un orizzonte comunicativo (interessato anche ad evitare lo spreco di risorse disponibili!) anche altre mediazioni sono da rinforzare: va indicata quella con le aree della ricerca, della università, delle professioni, ricche di archivi di indagini e di proposte utili a formare un retroterra alle azioni in corso o previste. E certamente alcune indagini e proposte potrebbero essere rivisitate significativamente al presente: con verifiche sia su temi precisati -ad es per il progetto della rete ciclabile andrebbe considerato il lavoro importante svolto da Alberto Bottari- sia su ambiti precisati -ad es va segnalato come prototipo il programma di raccolta e conservazione delle tesi di laurea su Mirafiori avviato dalla Casa del Parco per riportare in loco informazioni e conoscenza altrimenti disperse.



Commenti