ITALIA NOSTRA : PROGETTO DI LEGGE 125-LA CONSULTAZIONE -

 
 

ITALIA NOSTRA
Consiglio Regionale del Piemonte


La Commissione del Consiglio della Regione Piemonte ha chiuso ieri la consultazione pubblica riguardo il progetto di legge 125 che introduce, in materia urbanistica, nuove norme deregolatrici e liberalizzatrici, intervendo sulla precendente legge 16/2018 che già aveva avviato un percorso non sempre positivo. Italia Nostra Piemonte non ha voluto mancare e ha presentato le proprie osservazioni, molto critiche sul alcuni aspetti del disegno di legge che rischia, se approvato secondo il testo che era messo in consultazione, di vedere accantonato, nei fatti, il Piano Paesaggistico Regionale, scavalcato dalle nuove norme derogatorie, mettendo da un lato i Comuni, spesso espropriati dalle loro funzioni pianificatorie. Qui riportiamo il testo integrale del documento prodotto ieri alla Regione.



Torino 10/02/2021
 

Al Sig. Presidente la Giunta Regionale


Al Signor Presidente Consiglio Regionale del Piemonte
Palazzo Lascaris TORINO

Al Signor Presidente della
II Commissione ConsiliarePalazzo Lascaris

e p.c. Ai Signori Consiglieri
Componenti la II Commissione Consiliare
Palazzo Lascaris


Osservazioni alla Proposta di Legge regionale 16 dicembre 2020 n. 125 “Norme di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia”


OSSERVAZIONI di carattere generale

I

talia Nostra già avanzò le proprie osservazioni relativamente alla L.R. 16/2018 e alla legge 13/2020 che sottraggono ruolo al Comune in ambito di pianificazione territoriale e di gestione nel rapporto pubblico/privato, e pesantemente lo modificano.
Le modifiche introdotte con la legge13, secondo un criterio di “utilità sociale”, peraltro da interpretarsi, porta ad interventi di riuso e riqualificazione degli edifici comunque ammessi e liberalizza ulteriormente l’iniziativa privata, in deroga agli strumenti urbanistici sia locali (PRG) che Regionali.
Condividendo l’opportunità di semplificare una burocrazia disfunzionale, ribadiamo come ineludibili i principi basilari e norme che attingono direttamente alla nostra Costituzione, che prescrive all’articolo 9 la tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione; richiamando anche l’articolo 97 che, riferito alla Pubblica Amministrazione, ne indica i 3 principi:
principio della legalità, principio del buon andamento, principio dell’imparzialità, a cui si è aggiunta la trasparenza degli atti amministrativi e il supporto che l’informatizzazione dà alla riduzione dei tempi e quindi della semplificazione nei passaggi burocratici.
Abbiamo già stigmatizzato come molti dei provvedimenti introdotti con la L.R. 16/2018 e ancor più con la Legge 13/2020, nella sedicente volontà di produrre al meglio un processo di semplificazione, abbiano aperto alla prospettiva di deregolazione e delegittimazione dei principi costituzionali con possibile pregiudizio alla tutela dei beni e del paesaggio.
Di quanto sopra detto sono stati ravvisati gli elementi di incostituzioalità che hanno portato all’impugnativa da parte del Consiglio dei Ministeri.
Posta la primarietà sugli strumenti urbanistici del PPR, di fatto se ne sacrifica l’applicazione, sottraendo i comuni all’adeguamento al piano anche per quanto già in essere come previsione inattuata di consumo di suolo, e in ambito di varianti parziali tagliando i tempi e le procedure
Qui la presente proposta di legge di modifica con la locuzione ricorrente “sono comunque ammessi” lascia campo alla libera iniziativa privata, senza alcuna possibilità di valutazione “politico-discrezionale” e di trasparenza pubblica del processo, pur essendo questi a tutti gli effetti interventi in deroga ai vigenti strumenti urbanistici generali approvati dal Consiglio comunale e sottoposti alle osservazioni dei cittadini.
La minuziosa correzione o soppressione di parte delle vigenti leggi nel testo qui in osservazione non ne esclude l’eventuale impugnazione.
Tra le discrepanze si segnala quanto previsto all’art. 38 come “Norme di giusto procedimento” in cui si vuole modificare la vigente L.R. 14/2014 inserendo ad hoc un nuovo articolo che ne amplia i poteri di applicazione. E all’art.37- Norme in materia di VAS- si introduce una interpretazione- ad hoc relativamente al comma 3 del nuovo art. 20 della L.R. 40/1998, per quanto “documento tecnico preliminare da presentare in fase di specificazione”.
Il disegno legge in oggetto si presta a contenziosi tra frontestanti – in base anche a quanto stabilito dal codice civile - incrementando, con una sequenza di benefit, le altezze, la forma e la destinazione d’uso degli edifici (vedasi articoli 32- 33- 34 ). A seguire l’art. 19 “disciplina delle deroghe” e le “Disposizioni transitorie” - art. 17.
Un vulnus del nuovo disegno legge è relativo al sempre più evidente sacrificio dei servizi a standard di legge, a fronte di riduzione drastica degli oneri di costruzione per ampliamenti e recuperi di volumetrie del vecchio già a rudere, e alla monetizzazione degli oneri di urbanizzazione.
Relativamente alle procedure per quanto previsto all’art.2 – pare proporsi una “deroga” allo strumento urbanistico generale (P.R.G.), con una semplice “deliberazione”.
La legislazione in atto per contingentare il consumo di suolo – peraltro con una proiezione diluita nel tempo per addivenire allo stop – viene bypassata non solo trasgredendo alle procedure stabilite dal PPR – vedasi art. 2 che va a modificare il procedimento di adeguamento dei vigenti P.R.G. al Piano paesaggistico regionale - ma anche …più modestamente ma di certo impatto, permettendo che l’impronta planimetrica e volumetrica di quanto demolito e ricostruito o solo aggiunto come benefit, vada oltre il perimetro assentito.
Rispetto ai processi incentivanti la rigenerazione urbana anche la semplificazione cartografica è sostanziale e radicale. Ne escono penalizzati i centri storici, la cui rappresentazione sul loro stato di fatto rischia di sfuggire al controllo e questo potrebbe avere poi un ulteriore conseguenza con le norme di semplificazione previste da altro disegno riguardo gli interventi edilizi in deroga.
E ancora all’art.11 (Inserimento all’articolo 8 bis nella legge regionale 16/2018) comma 1
viene prevista la possibilità per i fabbricati siti in aree pericolose dal punto di vista idraulico e geomorfologico di essere demoliti e rilocalizzati in altre aree, per il tramite del “permesso di costruire in deroga” . Ciò può comportare sia illegittimità del provvedimento, sia certo consumo di suolo.
Relativamente al consumo di suolo si consideri la criticità e l’opinabilità di quanto al Art. 31 (Norme in materia di compensazione del consumo di suolo), in specie per quanto al comma 1.
Così come declinato apre alla sottrazione di suolo di giardini o parchi urbani.
Relativamente alle tolleranze esecutive - una sorta di condono senza oneri – con l’Art. 34 (Modifiche all’articolo 6 bis della legge regionale 19/1999) il nuovo testo prevede che la
Giunta regionale possa individuare nuove ed ulteriori tolleranze esecutive, e che le stesse siano immediatamente efficaci.
Con l’ Art. 36 (Modifiche all’articolo 25 della legge regionale 19/2009), al comma 1 si prevede che la Giunta regionale proceda all’approvazione del progetto anche nel caso sia “in deroga alla pianificazione vigente” !
Consideriamo non sostenibile quanto all’ Art. 32 (Introduzione dell’articolo 17 ter alla legge regionale 56/1977) Comma 1 - in cui si prevede di introdurre il nuovo art. 17 ter alla L.R. 56/1977, relativo ad un nuovo tipo di variante urbanistica denominata “accordi di pianificazione negoziata”, da approvarsi per il tramite di “accordi di programma” con procedimento della “conferenza di servizi in forma simultanea” per “realizzare progetti anche di edilizia privata considerati di interesse per l’Amministrazione”.
In riferimento ancora all’art.22 del presente disegno legge, incidendo sulle varianti per quanto ai limiti dimensionali si ammettono incrementi di slp anche in aree non interne o non contigue.
Il rischio concreto è quello di una dispersione, ancor più accentuata dell’attuale, degli insediamenti produttivi, pur in presenza di un inutilizzato che in alcune zone raggiunge % molto elevate, e che la stessa crisi attuale Covid ha ulteriormente allargato. E certo si contraddice la finalità di porre limite al consumo di suolo.
Le modifiche apportate con l’Art. 24 (Modifiche all’articolo 65 della legge regionale 13/2020)
per quanto all’ammesso e facilitato mutamento di destinazioni d’uso - in deroga alle previsioni di piano - coniugate con le possibilità ammesse con la “ristrutturazione edilizia”
mettono a rischio l’identità formale storica di parti dell’urbanizzato, e facilitano la demolizione e ricostruzione di edifici di valore storico documentale.
All’Art. 28 (Modifiche all’articolo 79 della legge regionale 13/2020), per quanto all’integrazione apportata relativamente ad immobili pubblici di cui si prevede la possibilità di cessione della gestione per vie dirette, resta di legge individuarne il gestore tramite bando pubblico.
Preoccupante quanto all’ Art. 30 (Norme per la cantierabilità di progetti di rilevante interesse), in cui – comma 1 - si apre alla possibilità di variante sia il P.P.R. che i Piani d’Area delle zone protette, per il tramite di “semplici” accordi di programma, per realizzare specifici progetti. Osserviamo che questa non debba essere la strada in quanto lo strumento dell’“accordo di programma” introdotto dall’art. 34 del D.Lgs. 267/2000, si ritiene non essere lo strumento idoneo per la modifica/variazione di detti piani sovracomunali.
Con gli articoli 8 e 29 in difformità dal titolo abilitativo si propone di recuperare i sottotetti anche non ancora realizzati. Un paradosso legislativo.
Si introducono ulteriori deroghe sia di forma che di altezze di colmo e ancora se ne permettono variazioni di destinazione d’uso in deroga ai vigenti regolamenti.
Art. 6 (Sostituzione dell’articolo 4 della legge regionale 16/2018) introduce in deroga e a premio un nuovo limite massimo di incremento di 2.000 mq per le destinazioni produttive in edifici già esistenti oggetto di intervento di riqualificazione e messa a norma. Non è questa la rigenerazione urbana che si auspica, in quanto …il danno è maggiore certo del risultato di sostenibilità.

Si fa seguito qui all’approfondimento di alcuni articoli del presente disegno legge.



Articolato



Capo I - NORME DI SEMPLIFICAZIONE IN MATERIA URBANISTICA

Art. 2 (Adeguamento della pianificazione locale alla pianificazione territoriale e paesaggistica: modifiche all’articolo 17 della legge regionale 56/1977)
Si osserva che si interviene in tema di adeguamento dei PRGC al PPR, che potrà avvenire con variante anche solo strutturale e non più solo generale.
Considerata la situazione di stallo che i Comuni stanno mostrando in ordine all’obbligo vigente di adeguare i loro strumenti al PPR, la cosa potrebbe anche leggersi in senso positivo, ma dovrebbe essere accompagnata da un più deciso intervento normativo atto a rendere l’adeguamento al PPR un obbligo cogente, con conseguenze penalizzanti nei confronti dei comuni inadempienti, quale ad esempio un blocco generalizzato della possibilità di approvare varianti di altro ordine.
In questa ottica la riduzione dei termini del procedimento è però non solo inopportuna, ma addirittura impropria e incoerente.
La semplificazione starebbe già tutta nella retrocessione della variante di adeguamento al PPR, ma proprio perché affrontabile con uno strumento di variante più semplificato, non si possono poi tagliare i tempi con il rischio di veder portare in approvazione strumenti per i quali le relative istruttorie sono state affrettate e incomplete.
Si aggiunge che se la norma, come qui consigliata, avesse effetti acceleratori sui procedimenti di adeguamento, si avrebbe un affollamento di procedimenti tale per cui il taglio dei tempi procedurali provocherebbe situazioni gestionali assai problematiche.
Vi è poi una considerazione più generale che ci pare debba essere proposta in questa sede anche se attiene tutto il complesso semplificatorio e derogatorio che la proposta di legge affronta.
A noi pare che vi sia un errore di fondo che inficia tutta la problematica che si intende affrontare.
Ci riferiamo al fatto che, proprio un apparato normativo sovraordinato, quale è appunto il PPR, viene in qualche modo ad essere accantonato o comunque ritenuto un elemento persino estraneo al contesto, passando invece a declinare norme urbanistiche derogatrici anche di strumenti vigenti che, prima di ogni altra azione normativa, avrebbero la necessità di verificare la loro coerenza con il PPR.
Se si perde di vista questa scala di valori che è anche di gerarchia delle fonti del diritto, si rischia un’operazione destabilizzante i cui effetti, se provocati, non potranno essere recuperati attraverso tardivi adeguamenti al medesimo PPR della pianificazione locale.
L’autonomia legislativa regionale che in questa occasione si sostituisce, con tanta facilità e tanto ardore alla autonomia amministrativa dei comuni, laddove introduce deroghe, premi volumetrici, riduzioni di standard e così via, cioè laddove semplifica e liberalizza, perché poi dimostra debolezza, renitenza e poca autorevolezza, quando invece dovrebbe adoperarsi per dare attuazione a norme che, peraltro, sono di valenza statale e che all’Ente Regione spetta darne applicazione?
La domanda non ci pare oziosa, ma pertinente.
Essa attiene un tema che non ci sembra eludibile, cioè il ruolo che un Ente quale la Regione debba svolgere nell’ambito della sua autonomia legislativa e normativa nella materia. Non pensiamo infatti che esso, Ente Regione, debba agire in modo del tutto svicolato da un contesto coerente e ordinato, coerenza e ordine che non ci paiono invece essere le prime delle preoccupazioni possibili e da qui anche lo sconcerto con il quale un’associazione come Italia Nostra osserva e assiste.
Nè valgano i rimandi, i fatti salvi al PPR, poiché in mancanza di adeguamento degli strumenti urbanistici agli “obiettivi, indirizzi e direttive” del medesimo PPR, non è pensabile che la coerenza dei singoli interventi, altresì in deroga, sia demanda solo al momento gestionale di controllo della conformità.
L’adeguamento a norme che richiedono un loro recepimento e non sono immediatamente cogenti quali invece possono essere le “prescrizioni”, richiede un’attività di progettazione urbanistica molto più complessa e non si può ridurre a semplice operazione di copia incolla.
Da qui nasce anche il possibile rilievo, in assenza di preventiva revisione di adeguamento degli strumenti urbanistici locali al PPR, di non costituzionalità delle norme derogatrici e di liberalizzazione, perché scavalcano o rischiano di scavalcare una normazione di derivazione legislativa nazionale sulla quale le Regioni non hanno competenza, essendo materia legislativa esclusivamente Statuale.
In base a quanto sopra, si chiede comunque di emendare il testo proposto, secondo le indicazioni minime qui suggerite, tenendo conto peraltro delle osservazioni, anche di carattere generale proposte, che si estendono a più ambiti regolati da articoli diversi di codesto progetto di legge.

Capo II - MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 4 OTTOBRE 2019, N. 16 (MISURE PER IL RIUSO, LA RIQUALIFICAZIONE DELL’EDIFICATO E LA RIGENERAZIONE URBANA)

Art. 3 (Modifiche all’articolo 2 della legge regionale 16/2018)
Comma 3 – Il testo proposto è confuso, impreciso e fuorviante.
Si chiede una nuova formulazione, più precisa e meglio formulata.
Art. 4 (Inserimento all’articolo 2 bis nella legge regionale 16/2018)
L’articolo proposto introduce una nuova e ulteriore deroga rispetto a definizioni consolidate e, come tali, fatte proprie dalla normativa pianificatoria locale.
Sfugge la ratio che alimenta l’esigenza di aggiungere deroga a deroga, norma speciale a norma speciale, l’ inseguimento di un tentativo di riscrittura dal centro, cioè in questo caso dall’Ente Regione, di regole più opportunamente demandali alla gestione locale, quasi norme ad hoc e se tali, poco opportune.
Art. 5 (Sostituzione dell’articolo 3 della legge regionale 16/2018)
In virtù della valenza derogatoria degli interventi ammessi si chiede che non venga soppressa l’obbligatorietà che i Comuni intervengano nei processi di trasformazione urbanistica.
Questo significa che l’applicazione della norma, laddove di competenza regionale e non di derivazione statale quale è la legge 106/2018, preveda sempre l’intervento decisionale dei Comuni, nella fase pianificatoria, al fine di assicurare che rimangano arbitri delle trasformazioni urbane che ricadono nei loro territori.
Art. 6 (Sostituzione dell’articolo 4 della legge regionale 16/2018)
Fatte salve le osservazioni espresse in relazione all’articolo 2 della presente proposta di legge, che per quanto rileva si richiamano, si aggiunge che, ai fini della certezza del diritto, si chiede che si elenchino, in maniera esaustiva e puntale, quali siano i casi per i quali gli interventi edilizi di ristrutturazione con ampliamento non siano ammessi.
Con riferimento al comma 4, l’ammissibilità di ampliamenti in cumulo con quelli, eventualmente, già previsti da norma locale, non sembra rispondere ad un criterio di ragionevolezza.
La ratio della norma sembra quella di consentire dove ora non è consentito ampliare, non quello di andare ben oltre ciò che è già previsto in termini di ampliamento.
Al comma 6, la possibilità di realizzare unità immobiliari aggiuntive non sembra coerente sempre con la ratio della norma che privilegerebbe ampliamenti funzionali a quanto definito dal comma 5, non altro, come invece il comma 6 introduce in contraddizione al comma immediatamente precedente.
Il comma 9 contiene un ossimoro: ammette densità in deroga a norme che richiama come inderogabili,
Il comma 10 è irragionevole: è difficile immaginare l’adeguamento e il miglioramento statico attraverso interventi di elevazione in altezza o estensione in superficie di edifici.
Art. 7 (Sostituzione dell’articolo 5 della legge regionale 16/2018)
L’articolo ricalca il precedente, con riferimento alle possibilità di interventi di sostituzioni edilizie.
Sono fatte salve quindi le osservazioni già espresse in relazione all’articolo 2 della presente proposta di legge, che per quanto qui rileva si richiamano, si aggiunge che, ai fini della certezza del diritto, si chiede che si elenchino, in maniera esaustiva e puntale, quali siano i casi per i quali gli interventi edilizi di sostituzione edilizia non siano ammessi.
Il meccanismo delle premialità aggiuntive deve reggere ad ogni rilievo circa la sua ragionevolezza. Questo significa che deve esserci una relazione stretta tra premio assegnato e beneficio pubblico derivato. Sotto questo profilo non pare che assegnare una premialità a fronte dell’esecuzione di un onere comunque in carico all’esecutore, quale può essere una bonifica, risponda ad un criterio anche solo di ragionevolezza.
Anche per questo articolo vale l’osservazione circa l’incoerenza dell’ammissibilità di ampliamenti in cumulo con quelli, eventualmente, già previsti da norma locale.
Altrettanto dicasi per le deroghe ammesse rispetto a norme inderogabili.
Art. 8 (Modifiche all’articolo 6 della legge regionale 16/2018)
La previsione riferita ad edifici ancora da realizzare pare priva di senso, quasi si volessero agevolare intenzioni, più che regolare realizzazioni.
Lasciare alla norma locale l’onere di regolare l’edificabilità, almeno quella futura, parrebbe la soluzione migliore, anche perché l’inserimento di tal norma cozza con il titolo della legge, che non è oggetto di modifica.
Ricordiamo ancora una volta che le norme debbono reggere alla prova del principio di coerenza e ragionevolezza, non essere scritte a caso.
Si nota che si ammettono modifiche di quote di colmo e di gronda per garantire l’osservanza di altezze medie interne. Questo significa che la trasformazione in locali abitabili è estesa a tutti i sottotetti esistenti, salvo abbiano altezze estremamente ridotte, non soltanto a quelli che possiedono caratteristiche di abitabilità, ampliando notevolmente la portata della norma originaria sul recupero dei sottotetti esistenti, poiché gli edifici, di norma, sono caratterizzati dalla presenza di sottotetti.
Gli effetti diventato immediati sostanziale se si fa riferimento: al requisito della urbanizzazione, non più condizione necessaria; alla riduzione delle tutele dei nuclei storici, ammettendo il recupero di superfetazioni incoerenti; all’assenza di una previsione di intervento normativo da parte dei Comuni; alle agevolazioni concesse in termini di calcolo del costo di costruzione; al superamento delle misure minime dei requisiti igienico/sanitari.
Art. 9 (Modifiche all’articolo 7 della legge regionale 16/2018)
Sono fatte salve le osservazioni già espresse in relazione all’articolo 2 della presente proposta di legge, che per quanto qui si rileva, si richiamano.
Nel merito del presente articolo osserviamo che con un debolissimo richiamo alle possibilità di intervento da parte dei Comuni, si favorisce ulteriormente un riuso di tutti gli edifici rustici specie quelli storicizzati, ma non solo.
Ancora una volta sosteniamo che la possibilità di interventi di trasformazione non dovrebbe essere generalizzata, ma lasciata ad un’attenta regolamentazione locale.
Anche rustici in disuso costituiscono un elemento caratterizzante il paesaggio agrario che, senza una disciplina di dettaglio, rischia, come già troppe volte accaduto, di essere trasformato in un indistinto, facendo perdere qualità paesaggistica e valore ai territori.
Certamente è vero che edifici rurali in disuso rischiano la collabenza, ma quale è il senso e la coerenza all’interno del comma 8 della legge 16/2018 così come proposto in sostituzione?
Da un lato sembra volersi garantire un recupero coerente con i caratteri architettonici ma dall’altro si prevede la possibilità di interventi ricostruttivi, previa demolizione, con modifica di sagoma dell’edificio per una finalità, così come espressa, assolutamente incomprensibile, ossia l’adeguamento a se stesso.?
Art. 10 (Modifiche all’articolo 8 della legge regionale 16/2018)
Sono fatte salve le osservazioni già espresse in relazione all’articolo 2 della presente proposta di legge, che per quanto qui rileva, si richiamano.
Occorrerebbe chiarire di quali edifici si intenda. Se impropri rispetto ad un contesto agricolo avrebbe un senso, diversamente meno.
L’atterraggio edilizio dovrebbe avvenire in area urbanizzata, diversamente la riedificazione dovrebbe essere assoggettata alle norme di quel contesto, fatta salva la premialità concessa.
Dovrebbe temporalmente prevedersi prima l’intervento demolitorio e di bonifica e solo successivamente quello di nuova realizzazione, salvo fissare adeguate garanzie finanziarie che consentano al Comune, nel caso di mancata demolizione/bonifica, un intervento sostitutivo.
Art. 11 (Inserimento all’articolo 8 bis nella legge regionale 16/2018)
Il riferimento alla legge 106/2011 non sembra pertinente nella regolazione della fattispecie di delocalizzazione prevista dalla norma proposta.
La previsione generalizzata di delocalizzazioni di edifici siti in ambiti IIIa-IIb4-IIIc dovrebbe essere vagliata da una valutazione caso per caso, sia sotto il profilo idrogeologico che paesaggistico.
La previsione di atterraggio edilizio dovrebbe essere ammessa solo su aree edificabili, anche prevedendo la deroga degli indici di edificabilità e ciò per evitare nuovi consumi di suolo su aree libere e senza nuove previsioni
Le premialità risultano comunque elevate in relazione agli oneri imposti per ottenerle.
Art. 12 (Modifiche all’articolo 10 della legge regionale 16/2018)
Il comma 4 è improprio. Dovrebbe essere un copia incolla dell’ultimo comma dell’articolo 8, erroneamente qui riportato.
Art. 13 (Modifiche all’articolo 11 della legge regionale 16/2018)
La norma proposta interviene in materia di limitazioni dell’applicazione delle norme derogatorie. Tuttavia essa non è priva di incoerenze.
Il comma 4 dice che valgono, se più restrittive e in tali ambiti, le norme delle aree naturali protette, con eccezioni per gli edifici over 50 non soggetti a tutela, previo parere dell’Ente di gestione. In questo caso, il parere dell’Ente di gestione non sarebbe però sorretto da un sostegno normativo adeguato, anzi il proprio apparato normativo escluderebbe quell’intervento sul quale tuttavia l’Ente di gestione dovrebbe esprimersi, anche positivamente.
Questo significa che la cosa più ragionevole sarebbe stata evitare l’applicazione delle norme derogatrici e liberalizzatrici all’interno delle aree protette, lasciando gli stessi enti la valutazione sulla possibilità di introdurle o meno, o solo alcune, all’interno dei piani d’area.
Per quanto riguarda le limitazione dell’estensione degli articoli 4 e 5 all’interno dei centri storici, mentre è giusta e opportuna la responsabilizzazione dei Comuni per la loro eventuale, pur non condivisibile applicazione, meno giusto, anzi errato il ricorso all’utilizzo del non variante, uno strumento semplificato che non è in linea con i contenuti che dovrebbe, in questo caso, regolare.
Assolutamente negativo l’introduzione del silenzio assenso, come previsto dal comma 7. L’espressione della volontà del Comune deve essere pretesa, anche a garanzia della norme di trasparenza dell’azione amministrativa, di partecipazione pubblica nella materia urbanistica e di facoltà di ricorso estesa ai soggetti portatori di interessi diffusi.
Non è ammissibile eludere questi principi con norme che, di fatto, ne impediscono l’operatività.
Ci pare di ravvisare qui un possibile profilo di incostituzionalità.
Art. 15 (Abrogazione dell’articolo 13 della legge regionale 16/2018)
Ove l’abrogazione della norma portasse alla sottrazione della competenza in capo ai Consigli Comunali, si chiede il suo mantenimento per le ragioni già espresse più volte in ordine alla necessità che i Comuni non siano esclusi dalla pianificazione dei loro territori, specie quando questa espropriazione andrebbe a scapito della qualità e tutela degli stessi territori.
Capo III Artt. Da 16 a 20
Si esprimono ampie riserve sulla possibilità che tutto l’impianto derogatorio che viene introdotto e che investe anche norme di rango statale, possa essere legittimamente approvato senza aprire un conflitto di competenza tra Stato e Regione.
Se in alcuni casi si comprende la ratio, in altri casi ci pare che si vada ben oltre un ragionevole limite, anche di buon senso.
Non tutto il patrimonio edilizio, così come esso si presenta, può considerarsi adeguato allo svolgimento di attività antropiche, siano esse l’abitare, piuttosto che il produrre e abbassare oltre ogni limite le soglie minime non sembra la soluzione.
Ribadiamo pertanto le più ampie riserve.
Sin qui, anche se non completata, abbiamo potuto svolgere la nostra analisi critica in funzione di un contributo che confidiamo costruttivo e apprezzabile in sede di esame da parte della Commissione Consiliare presso la quale il progetto di legge 125 è incardinato.
Ci riserviamo ogni altra considerazione ad avvenuta approvazione del testo di legge in aula Consiliare, con particolare attenzione a quegli aspetti di eventuale incostituzionalità per i quali la nostra attenzione non dovrà mancare con conseguenti rilievi da sollevare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Confidiamo tuttavia che il testo, emendato nel suo successivo iter, possa essere licenziato dall’aula del Consiglio Regionale privo di vizi e migliorato in ogni sua parte.



la presidente del Consiglio Regionale di Italia Nostra Piemonte

Adriana Elena My





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