BRA: DAL GIORNALE DELL'ARCHITETTURA

Bra, dal barocco al… mercato immobiliare?


Capolavoro di Bernardo Vittone, la chiesa di Santa Chiara è minacciata dal degrado, mentre il Comune ha in programma di alienare una parte dell’ex convento


BRA (CUNEO). La piccola città piemontese ha il privilegio di ospitare, nel centro storico adagiato in posizione splendida su una collina di fronte al Monviso, uno dei capolavori del barocco: la chiesa di Santa Chiara, realizzata intorno al 1740 da Bernardo Vittone per il locale convento delle clarisse.
Il 6 novembre un convegno, organizzato da Italia Nostra con il concorso di altre associazioni e la partecipazione del Comune, ha discusso pubblicamente due problemi, entrambi urgenti. Da un lato vi è il degrado delle coperture dell’edificio religioso, ora di proprietà dei Padri cappuccini, che impone immediati restauri. Dall’altro lato, si profila il trasferimento in un altro edificio della scuola comunale che occupa un’ala dell’ex convento, con il conseguente problema della destinazione d’uso dei locali, già inseriti dal Comune – notizia agghiacciante – in un elenco di beni alienabili, e soggetti a un cambio di destinazione d’uso.
Il degrado e lo spettro della consegna al mercato immobiliare
Sono due questioni profondamente differenti. Sui problemi, reali e urgenti, della chiesa, certo occorre attivarsi, anche per l’impossibilità dell’attuale comunità religiosa di sostenere i restauri con mezzi propri: si nutre però la ragionevole certezza che per un monumento di rilevanza europea, e uno dei fari dell’offerta turistica del Piemonte, fondi da spendere bene e con parsimonia, ma sufficienti per consegnare l’edificio alla prossima generazione, si troveranno.
Il secondo problema è più complesso, ed è costituito dalla partita urbanistica, fatta di mappe, cifre, norme, attori pubblici e privati, che si gioca intorno al sito dell’ex convento, di cui l’ala occupata dalla scuola costituisce la parte centrale e la più consistente.
Sia chiaro: la realizzazione di un nuovo edificio scolastico, che ha consentito di riorganizzare le sedi attuali, è una notizia di estrema rilevanza, e va salutata come un grande successo: ma sarebbe drammatico che questa operazione consegnasse, come contropartita, il più importante sito architettonico e monumentale di Bra a un mercato immobiliare o residenziale, per sua natura non lungimirante né sensibile ai valori d’interesse collettivo.
La vicenda in corso non costituisce un’aberrazione, non è un incidente, non è un problema soltanto locale. Lo scenario che si disegna sulla collina di Bra è quello di decine e decine di altri siti italiani. L’onda lunga della crisi delle vocazioni ha portato alla contrazione radicale delle comunità di regolari, e la trasformazione dei siti conventuali o di proprietà degli ordini religiosi è uno dei grandi temi che toccano il patrimonio nazionale in questi ultimi decenni.
Come dare continuità alla tutela?
In questa trasformazione ormai alle porte, come dare continuità alla tutela che è oggi offerta dalla proprietà comunale, oltre che dai vincoli architettonici e ambientali? Come allineare la trasformazione che ci sarà, non ai molti insuccessi che hanno visto sottrarre alla sfera pubblica dei complessi architettonici di grande rilevanza, ma alle (più rare) trasformazioni, che pure modificando gli usi e le funzioni, e talora anche lo statuto proprietario, hanno saputo preservare i valori collettivi e di memoria, l’accessibilità dei luoghi? Posto che non siamo più ai tempi delle soppressioni napoleoniche, dove i siti religiosi venivano cancellati con un decreto, e un’asta, occorre segnare uno scarto rispetto alle tabelle Excel e agli elenchi che incorporano l’ex convento tra altri più anonimi edifici da alienare.
Per una città come Bra, dinamica, ben amministrata, dal bilancio sano, il tema ha rilevanza urbanistica e sociale, non solo economica. Il fatto, poi, che l’edificio scolastico attuale sia in gran parte frutto di una ricostruzione del XX secolo (intorno al 1960 un’ala conventuale fu ricostruita per realizzare un collegio per i novizi dell’ordine dei cappuccini) lascia spazio a possibilità di trasformazione interessanti e tutte da esplorare.
Serve progettualità
La nostalgia o il veto al cambiamento, quindi, non sono soluzioni: ma la trasformazione costituirà un’opportunità, come hanno auspicato sia le associazioni locali sia il sindaco, Gianni Fogliato, nel corso della giornata del 6 novembre, soltanto se porterà con sé una progettualità, e un intreccio di nuove funzioni almeno in parte aperte alla cittadinanza.

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